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Ebola in continua espansione, 20 milioni di persone a rischio contagio

di Salvo Ardizzone

Il virus dell’Ebola è ormai fuori controllo; agli inizi di settembre  i casi avevano superato i 3mila con oltre 1.500 morti mentre i focolai si moltiplicano; quelle che prima erano indiscrezioni negli ambienti delle autorità sanitarie e dell’Oms, ora vengono divulgate sempre più apertamente: si parla di 20mila casi possibili nel prossimo futuro e dopo uno scenario ignoto, che nessuno ha il coraggio d’ipotizzare. Il fatto è che questo flagello s’è sviluppato in un’area dell’Africa Occidentale che pare fatta apposta perché possa esplodere indisturbato: Guinea, Sierra Leone e Liberia dapprima, e da lì si spande all’enorme serbatoio umano della Nigeria, lo Stato più popoloso dell’Africa percorso da tensioni altissime già di suo. 

I primi tre Stati, entità debolissime, con un passato di guerre civili e feroci dittature, vivono un presente di corruzione a livelli incredibili e crescita praticamente assente. La Guinea, dove il virus s’è manifestato, ha avuto solo nel 2010 le prime vere elezioni; hanno visto la vittoria di Alpha Condé che dopo prigione ed esilio è tornato da vincitore, ma la Nazione è e rimane illiberale, con i media in mano al Presidente che organizza milizie proprie per controllare il Paese. Di sviluppo neanche a parlarne, l’unica cosa che s’incrementa sono gli scontri tribali fra i Malinke, l’etnia di Condé, e i Fulani, tenuti ai margini della società. 

In un contesto simile, fatto di miseria e assoluto sottosviluppo, Ebola ha subito sopraffatto l’inconsistente sanità della Guinea, e i cittadini, andando in giro senza precauzioni, hanno esportato il male in Sierra Leone e Liberia. Il Governo ha finito per chiedere aiuto a Croce Rossa e Medici Senza Frontiera che hanno provato a contrastare il virus, ma, malgrado gli interventi, era (ed è sempre di più) un quadro impossibile da gestire, con intere cittadine in quarantena trasformate in lazzaretti, dove la gente terrorizzata sta chiusa in casa senza nulla e i morti vengono raccolti al mattino per le strade.

La Sierra Leone ha un passato assai più sanguinoso: per anni e anni è stata sconvolta dalla guerra civile, originata dallo scontro fra il Governo di Freetown e i ribelli del Ruf per il controllo dei ricchi giacimenti diamantiferi, con dietro il traffico di quelle pietre ad alimentare il massacro. Allora fu il presidente liberiano Charles Taylor ad avere vasta parte nel conflitto, appoggiando i ribelli per saccheggiare liberamente le ricchezze di quel Paese; per questo, dopo essere stato deposto, è stato condannato a 50 anni di carcere dal Tribunale Penale Internazionale. Solo l’intervento della Gran Bretagna (nel 2002) pose fine a undici anni di uccisioni e di mutilazioni, con la coda velenosa della piaga dei bambini-soldato, che a decine di migliaia militavano per il Ruf e per le altre milizie. 

Nel 2007 è stato eletto presidente Koroma, poi confermato nel 2012, ma sono stati i caschi blu, succeduti ai soldati britannici, ad assicurare una precaria sicurezza fino a quest’anno; inoltre, mentre l’economia è rimasta di pura sussistenza, le tensioni fra le etnie Mende, Temne e Sherbro rimangono immutate, pronte a riesplodere ad ogni crisi.  

Di recente, al largo delle sue coste è stata scoperto petrolio in quantità; questo, e le altre ricchezze minerarie del Paese, al momento totalmente ignorate, hanno attirato l’attenzione (e non solo) della Cina, che intende costruire un aeroporto, un porto e una ferrovia per dare il via allo sfruttamento della Nazione. 

Fra i Paesi dove l’Ebola s’è sviluppato per prima c’è anche la Liberia: dopo il regime di Charles Taylor, la democrazia è tornata sostanzialmente nel 2005, con l’elezione di Ellen Sirleaf, la prima donna Presidente in Africa, poi confermata nel 2012. Ma le cose non sono andate meglio per il Paese: è uno dei più corrotti del Continente (ed è tutto dire), nella stessa capitale, Monrovia, la maggior parte delle case sono senza acqua corrente ed elettricità, la disoccupazione è altissima e l’analfabetismo pure; in più, c’è la piaga dei tantissimi ex bambini-soldato che non riescono ad inserirsi in una società che comunque vive sotto i livelli della sussistenza. Un quadro desolante per cui l’Ebola è come uno spaventoso suggello di devastazione.

Da questi Paesi, in cui il male appare sostanzialmente fuori controllo, il virus è già passato nel gigante vicino, la Nigeria: se si dovesse diffondere, e al momento non si vede come impedirlo, sarebbe una tragedia di portata inimmaginabile; si tratta di circa 170 milioni di abitanti stipati in uno Stato sempre più in crisi, con un Nord-Est in fiamme per le violenze dei terroristi di un Boko Haram che avanza, mettendo in fuga intere popolazioni sparpagliandole dappertutto; un Sud sovrappopolato, con sterminate periferie fatte di bidonville prive di qualunque servizio; ovunque corruzione e una classe dirigente occupata solo a rapinare i proventi di petrolio e gas.  

Con simili presupposti, Guinea e Sierra Leone, al manifestarsi del virus, invece di collaborare hanno preso a palleggiarsi le responsabilità dell’epidemia, provando un’inutile chiusura entro i propri confini; così, mentre Ebola esplodeva indisturbato, il mondo rimaneva a guardare. A luglio inoltrato, quando i focolai erano già troppi, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest (Ecowas) ha preso in considerazione l’epidemia; ma, come al solito, di finanziamenti non se ne è parlato perché, ciecamente, ognuno ha tenuta stretta la borsa e i risultati sono rimasti a zero. 

Ad agosto, l’Onu ha nominato lo specialista inglese Dr. David Navarro coordinatore degli interventi contro il virus, e s’appresta finalmente ad inviare  uomini e mezzi in Guinea, Sierra Leone e Liberia per arginarlo, ma è tardi, terribilmente tardi per un male che si propaga come un fuoco nella savana, trovando facile esca nelle terribili condizioni igieniche, nell’ignoranza della popolazione e nell’assenza di strutture sanitarie adeguate.

In Occidente pensiamo ancora che si tratti d’un problema lontano, circoscritto a Nazioni abituate a simili flagelli, ma nel mondo quale adesso è non è così; presto, troppo presto, potrebbe bussare alla porta del nostro cinico disinteresse.   

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