Draghi: “L’Eurozona è sull’orlo del baratro”
Al vertice di Bruxelles della settimana scorsa, i capi di Stato avevano ricominciato con le solite pantomime, inseguendo i più bassi interessi di bottega.
Hollande, dopo aver fatto fare la voce grossa al suo Ministro, Sapin, aveva preso un profilo che più basso non si poteva; con incredibile cecità e meschineria, aveva contrattato sottobanco con la Merkel, barattando un mezzo si della Cancelliera con l’appoggio incondizionato a Berlino, rinunciando all’annunciata battaglia a viso aperto sul principio dello sviluppo contro il rigore.
Cameron, per parare le critiche degli euroscettici di casa, s’è mostrato infuriato sui nuovi contributi che gli toccherebbe pagare a Bruxelles (2,1 Mld di Euro), ed ha fatto da sponda inaspettata all’Italia (mai visto!).
Renzi ha cominciato a recitare il proprio repertorio a beneficio dei media italiani (sollevando il fastidio di molti), consapevole che su quella mano (l’approvazione della legge si stabilità) si stava giocando moltissimo, e mancandogli la sponda della Francia alzava i toni.
La Merkel aveva già cominciato a ripetere la sua arrogante lezioncina come un disco rotto, preparandosi a dare bacchettate a destra e a manca, e soprattutto alla solita Italia che non mantiene i patti e osa criticare le politiche tanto care a Berlino.
Insomma una babele, con già pronta la solita coda avvelenata degli euro burocrati, tanto bravi a difendere i propri incredibili privilegi, quanto a spedire frecce al curaro sulle mancanze degli altri; sarebbe finita in una bagarre già iniziata se non fosse stato per l’unico intervento che ha fatto calare il silenzio. È accaduto quando Draghi ha preso la parola e, con toni inconsueti per un banchiere centrale (e per le ovattate usanze della Ue), ha detto nella sostanza che l’Eurozona è a rischio come lo è la sua credibilità; che c’è il concreto pericolo che ricada tutta in recessione; che la Bce sta facendo per intero la sua parte ma occorre che anche i politici facciano la loro; che parole e speranze non sono una strategia. In parole povere: piantatela di giocare e datevi una smossa, perché siamo sull’orlo del baratro e sono stufo di combattere da solo.
È stato un intervento insolitamente forte, un brusco richiamo all’ordine che in altri momenti avrebbero suscitato un vespaio invece che l’immediato silenzio dei leader e i successivi universali riconoscimenti di stima; in testa quello della Merkel, che scordando le tante critiche passate s’è sperticata in lodi. C’è da rimanere perplessi: cos’è accaduto?
È accaduto che erano in arrivo le “pagelle” della Bce sui 131 campioni del credito dei Paesi europei; Draghi, attraverso le verifiche effettuate dalla Banca Centrale e i risultati degli stress test eseguiti dall’Eba (l’autorità di vigilanza europea), aveva perfettamente il polso della situazione ed era a conoscenza di tutti gli scheletri nascosti, compresi gli autentici “ossari” nella pancia del sistema bancario tedesco. E se si aggiunge che dal 4 novembre la vigilanza sugli Istituti di Credito passerà direttamente alla Bce, cioè a lui, è chiaro che può permettersi di prendere per il bavero i vari leader, e più che mai proprio la Cancelliera.
Come in passato abbiamo più volte trattato, il tanto decantato sistema bancario tedesco è messo male; tanto per capirci, per tenerlo in piedi nelle crisi che si sono succedute, Berlino vi ha pompato dentro 250 (250!) Mld di Euro di aiuti di Stato, senza che per questo nessuno protestasse; d’accordo che è stata in ottima compagnia, visto che Londra ve ne ha messi 65, Madrid (che non li aveva e li ha chiesti alla Ue, legandosi con questo mani e piedi a Berlino che glieli ha fatti concedere) 60, 50 Irlanda e Paesi Bassi e così via, ma sempre di aiuti di Stato s’è trattato, parole ufficialmente aborrite a Bruxelles. Malgrado ciò, i campioni del credito teutonici (leggi Deutsche Bank e Kommerzbank) nascondono molte pecche e soprattutto il sistema delle banche locali (Landesbank e Sparkasse) è quanto meno opaco, con buchi reali indefiniti.
I risultati tutto sommato blandi evidenziati dal comunicato diramato domenica, con 25 banche segnalate, ma solo 13 indiziate effettivamente, sono certo il risultato dei circa 203 Mld di ricapitalizzazione effettuate ultimamente dagli Istituti, ma anche, (e soprattutto) di un certo occhio benevolo e “politico” con cui sono state guardate; benevolenza che sottintende un tacito ma chiaro messaggio ai leader europei che si trovano ora in qualche modo sotto scopa.
Per quanto riguarda l’Italia, quella che ufficialmente ne sembrerebbe uscita peggio, ricordiamoci che gli Istituti di Credito italiani, per una serie di ragioni tecniche lunghe da spiegare, hanno avuto criteri di valutazione assai più pesanti di altri (ad esempio di quelli tedeschi o francesi); inoltre, hanno affrontato tutto il ciclo delle crisi dal 2008 in poi con solo 4 Mld di aiuti di stato di tipo paragonabile a quello di cui hanno goduto negli altri Paesi. In buona sostanza hanno dovuto fare da sé.
L’ennesima dimostrazione di come il Sistema Italia sia tale solo di nome, ed ogni sua componente al dunque debba necessariamente arrangiarsi, con buona pace di dichiarazioni roboanti, promesse, tweet e annunci vari.