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Detenuti palestinesi e la lotta per la giustizia

Continua la lotta per la libertà dei detenuti palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane, che da diversi mesi affrontano un estenuante sciopero della fame che pone la loro salute in serio pericolo, non aiutati poi dalle  misere condizioni igienico-sanitarie delle prigioni. Essi si trovano sotto detenzione amministrativa, cioè arrestati senza processo e a tempo indeterminato se sospettati di minaccia alla sicurezza.

Samer Issawi, 33 anni, è uno di loro. Arrestato nel 2002 con l’accusa di appartenere ad un gruppo armato, era stato poi rilasciato nel 2011 con il patto di non uscire da Gerusalemme; accusato di aver violato l’accordo, è stato riarrestato nel luglio del 2012 e da allora, da ben oltre 200 giorni, è in sciopero della fame.

Con quasi 50 kg in meno, vive su una sedia a rotelle, tenuto in vita soltanto grazie al nutrimento minimo iniettatogli dalle flebo e le sue condizioni sono veramente gravi. I giudici dovrebbero riunirsi a breve per esaminare il suo caso.

Nel frattempo le proteste contro l’ingiusta detenzione amministrativa di questi uomini dilagano in tutta la Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, migliaia le persone scese in piazza in segno di solidarietà, migliaia gli appelli apparsi sul web. Secondo fonti locali, sarebbero le proteste più estese degli ultimi mesi, che si sono protratte non senza conseguenze. Molti sono stati i feriti e gli intossicati dai lacrimogeni utilizzati dalla polizia israeliana per allontanare la folla che tentava di avvicinarsi alle carceri. Le manifestazioni hanno visto anche la partecipazione di alcuni volti importanti della sfera palestinese, come il deputato Mustafa Barghuti e Khader Anan, sottopostosi anch’egli, in passato, a sciopero della fame per ottenere la scarcerazione.

Sorte diversa per Ayman Sharawna, uno dei detenuti che insieme a Issawi portava avanti lo sciopero, che ha deciso di accettare la proposta del governo israeliano che prevede un confino a Gaza di dieci anni in cambio della liberazione. Dopo di che potrà ritornare al suo paese natio in Cisgiordania, a patto di non riprendere azioni anti israeliane. Sharawna, 36 anni, portava avanti lo sciopero della fame da otto mesi, dopo che, come Samer, era stato rilasciato e poi ricatturato nel luglio dello scorso anno con l’accusa di atti contro Israele.

Anche Mahmoud Sarsak, giocatore della nazionale di calcio palestinese, ha condotto una lotta contro l’ingiusta detenzione, terminata lo scorso luglio, e le disumane condizioni delle carceri con uno sciopero della fame di 90 giorni. Oltre alle condizioni delle carceri, ha denunciato anche maltrattamenti e torture durante la prigionia. Oggi è impegnato come attivista in numerose organizzazioni a sostegno dei detenuti palestinesi.

Quella degli ignobili trattamenti subiti, è un’altra questione scottante che richiede di essere affrontata con cura. Ai detenuti non è garantita un’adeguata assistenza sanitaria e la recentissima morte di Maysara Abu Hamdiya ne è una prova. Abu Hamdiya era affetto da cancro ma è stato lasciato morire senza che gli venissero mai fornite le cure adeguate. Il silenzio complice della comunità internazionale non aiuta di certo.

di Laura Gargiulo

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