Crocetta pigliatutto: la Sicilia in mano al nuovo massimo feudatario di Palermo
C’era una volta in Sicilia il sistema feudale; in questo sistema, poche persone avevano molto in termini di ricchezze, di terre e soprattutto di influenza nel sistema di alleanze e nel sistema politico. C’era e c’è ancora; chiunque va ad occupare qualsiasi poltrona a Palermo, inizia una sorta di remake nostalgico del medioevo, nel quale quasi per “diritto divino” ci si arroga la possibilità esclusiva di nominare amici e parenti nei posti di rilievo dell’amministrazione della cosa (che dovrebbe essere) pubblica. Ma la Sicilia è, in negativo, straordinaria anche in un altro aspetto: dare l’illusione a cinque milioni di disgraziati che abitano l’isola che qualcosa stia cambiando, per poi di fatto rimanere con il sistema feudale e qui citare “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa sembra davvero puro automatico esercizio della mente. Sì perché c’è chi 10 mesi fa aveva preso quei pochi voti che bastavano all’elezione di presidente della Sicilia, sbandierando i temi dell’antimafia, della rivoluzione civica e civile, iniziando poi a costruirsi un’immagine di politico intransigente e nemico degli sprechi ma che, a distanza di questo arco di tempo, ha già fatto 100 nomine.
Parliamo ovviamente di colui che è riuscito nell’impresa di far rimpiangere a molti i tempi di Totò vasa vasa e di Raffaele Lombardo, ossia Rosario Crocetta. C’è da ammetterlo però: Crocetta è un maestro di comunicazione. Ha capito come funzionano i media, cosa sbattere negli occhi della massa per distrarla e farle mandare giù ogni bestialità politica che l’ex primo cittadino di Gela sta combinando da quando siede nello scranno più alto di presidente–feudatario della Sicilia. A Palermo, probabilmente anche ai tempi di Federico II c’era maggiore collegialità nel prendere le decisioni, di sicuro c’era maggior prestigio politico ed umano. Così, grazie alle domeniche passate a Roma alla trasmissione di Giletti, grazie ad un libro nel quale racconta la sua lotta alla mafia, grazie ad un’immagine costruita, guarda caso, dal braccio destro di Giletti a RaiUno, quel Klaus David che si becca migliaia di Euro ricostruendo figure di vari politici in giro per l’Italia, Rosario Crocetta in maniera silente ha plasmato tutti i vari governi di ogni ordine e grado della Sicilia a sua immagine e somiglianza. Partendo dall’Ars ovviamente, lì dove all’inizio aveva bisogno dell’appoggio dei 15 grillini per andare avanti, facendo nascere anche un altro “mito Crocetta” ossia il Modello Sicilia, e adesso invece, grazie a movimenti e partitini fondati da gente che era del centro–destra e passati con il presidente, magicamente si ritrova ad avere una maggioranza quasi assoluta.
Ma questo è nulla; tra commissari, enti, partecipate, dirigenti, per non parlare dell’assessore che prima era segretaria personale di Crocetta, il governatore sta decidendo tutte le figure chiave ed anche dal suo partito adesso emergono sospetti sulla trasparenza. Partiamo, per esempio, dalle province: tutti i media ad esultare qualche mese fa quando il governo regionale le ha abolite, parlando di riduzione di sprechi e di numero di poltrone da assegnare. Nessuno o quasi però, ha sottolineato come, in primis, non c’è alcuna riforma pronta, né alcun testo è ancora stato presentato all’Ars e dunque per ora le province sono di fatto rette da commissari direttamente nominati da Crocetta; una sorta di colpo di spugna, che ha fatto piazzare a capo di enti ancora in funzione per l’ordinaria amministrazione gente non scelta dagli elettori, ma dal governatore. Quindi, una riforma presentata come epocale e storica, nonché come primo passo di una nuova gestione della cosa pubblica in Sicilia, sembra per adesso assumere un aspetto di un qualcosa voluto per piazzare per circa 12 mesi uomini vicini al presidente nelle nove province che compongono l’isola. Ma anche nello staff interno del presidente ci sono movimenti non del tutto chiari: in pochi mesi, ben quattro capi di gabinetto si sono alternati, tanto che a palazzo D’Orleans, sede della regione Sicilia, ironizzano paragonando Crocetta a Zamparini, il presidente del Palermo Calcio noto per la sua abitudine nel cambiare spesso allenatori.
C’è il caso emblematico poi di Stefano Polizzotto: avvocato di Castelbuono, fu lui a curare (e vincere) il ricorso grazie al quale Crocetta fu dichiarato sindaco di Gela, dopo che il primo responso lo aveva dato per scontato. Da lì, come detto, decolla la carriera dell’attuale presidente della Regione, ma anche di Polizzotto, “premiato” come capo della segreteria tecnica del presidente: pochi mesi dopo si dimetterà, a causa delle critiche piovutegli addosso sui suoi numerosi incarichi ricoperti durante l’esperienza di collaboratore del presidente. Rientrerà però dalla finestra, come consulente del governatore. Anche sulla sanità ancora situazione in alto mare e sospetti “giri di valzer” sulle nomine; con Lombardo, lo ricordiamo, non sono stati nominati i nuovi direttori generali delle varie Asp (le Aziende Sanitarie Provinciali) e si è proseguito con i commissari. Crocetta, tramite l’assessore al ramo, Lucia Borsellino, annunciava poche settimane dopo la propria elezione, di voler finalmente chiudere la partita e nominare gente di alto profilo al vertice delle Asp; le nomine sono state fatte, ma di nuovi commissari, cambiandoli semplicemente e scegliendo non più gente fedele al precedente governo, ma più “affine” al presidente Crocetta. Sanità quindi, province, enti, dovunque la longa manus di Crocetta sulle nomine è arrivata; così come, è arrivata anche in altri piccoli ma importanti enti, come il teatro di Messina, dove a capo è stato messo Rosario Cultrone, architetto e docente universitario dal lungo e prestigioso curriculum, dove si trova anche un incarico di consulenza, risalente nel 2004, per il coordinamento del gruppo di lavoro che avrebbe dovuto approntare il “piano comunale di protezione civile del centro storico di Gela”, incarico affidato dall’allora primo cittadino, per l’appunto Rosario Crocetta.
Un presidente pigliatutto quindi, che ha fatto amplein di tutte le varie nomine, assicurandosi uomini a lui vicini un po’ ovunque, senza che però la popolazione abbia minimamente capito di cosa si stia compiendo a Palermo; tutto questo, oltre a non fare gli interessi dei siciliani, di sicuro non fa gli interessi dei vari potentati politici che potrebbero premere affinché l’Ars revochi la fiducia al presidente e si possa tornare al voto. Anche se politicamente, questa operazione potrebbe essere rischiosa, visto che Crocetta riuscirebbe a farla passare come azione volta ad impedire la “rivoluzione” messa in atto. La Sicilia è quindi per adesso amministrata da un uomo che sta facendo piazza pulita e che vorrebbe trasformare l’isola in un unico gigantesco feudo, grazie anche alla complicità dell’informazione. L’ultima, in ordine di tempo ma non di importanza, è l’affaire inerente al Muos, dove Crocetta ha ridato le autorizzazioni a costruire dichiarando come “Obama ce l’ha chiesto e glielo dobbiamo dare”, guadagnandosi così anche la prima pagina del Washington Post, dove gli elogi al “primo presidente gay ed antimafia” della Sicilia erano ben evidenziati. Occhio alla Sicilia dunque: perché quest’isola, così importante strategicamente, rischia di crollare socialmente ed economicamente, sotto i colpi di un uomo che con il proprio modo di operare sta dando il colpo di grazia ad una regione già parecchio sottosviluppata.