Cronaca

Covid-19 e le cure di cui non si parla

Il Covid-19 ha messo e sta mettendo a dura prova tutti i comparti sanitari, reparti di terapia intensiva allo stremo e laboratori di virologia che stanno lavorando alacremente per cercare una cura che consentirebbe a tutti di riprendere la vita di prima. Un vaccino alla quale stanno lavorando le maggiori università, una su tutte quella di Cambridge che ha già testato le prime dosi sui volontari.

Il vaccino in ogni caso è in là dall’arrivare in tempi brevi. Stime ottimistiche parlano del primo autunno se tutto dovesse andare secondo i piani, altre tabelle parlano di Febbraio/Marzo 2021. Ciò significherebbe una convivenza forzata e pericolosa con il Coronavirus, senza considerare il serio rischio della seconda ondata che potrebbe avvenire, per quanto riguarda l’Italia, già prima dell’estate.

Aspettando il vaccino, sono state approntate delle terapie che sono solo sperimentali non esistendo un protocollo valido. Si è iniziato con il farmaco “Clorochina” che viene utilizzato solitamente negli attacchi acuti di malaria. Ha fatto poi notizia l’utilizzo dell’Idrossiclorochina, che viene somministrato come terapia reumatoide ma che utilizzato sui pazienti affetti da Covid-19 ha dato delle ottime risposte, così come l’Eparina, L’Azitromicina, il Duranavir e il Lopinavir. Si tratta, è doveroso sempre ribadirlo, di farmaci già esistenti ma che sono stati sperimentati pur in assenza di indicazione specifica per il Covid-19 e per poter leggere il tutto basta recarsi sul sito dell’Aifa.

Approcci terapeutici al Covid-19

È passato in sordina anche l’altro approccio terapeutico al Covid-19, quello attuato presso gli ospedali di Pavia e Mantova che non hanno decessi da quasi un mese e che stanno utilizzando quella che viene definita “Sieroterapia”, ossia trasfusioni di plasma prelevato da gente guarita dal Covid-19. Sono stai registrati casi di guarigione nell’arco di 48 ore ma anche qui, come le altre terapie, parliamo di procedura sperimentale e che i casi trattati sono molto pochi da non permettere un approccio “scientifico” valido.

Per Giuseppe De Donno, direttore di Pneumologia e Terapia Intensiva del Carlo Poma di Mantova non ci sono dubbi: “Sono entusiasta di vedere le persone guarite così velocemente. È l’unico trattamento razionale, sia biochimico che immunologico del Coronavirus che c’è in questo momento. Non esisterà farmaco più efficace del plasma. È come il proiettile magico, si usano immunoglobuline specifiche contro il Coronvirus. Va utilizzato in fase precoce. Se invece si aspetta che il paziente sia moribondo… allora si fa un errore e ci vuole solo il prete, ecco! Ma è lo stesso discorso dell’aspirina nella prevenzione dell’infarto. Se la usi in una persona che è già cardiopatica, non conta nulla”.

Di quanti pazienti si tratta? Come detto prima sono pochi, circa 80 quelli che hanno reagito alla “Sieroterapia”. Chi dona deve essere sano, si prelevano 600ml di plasma da cui si ricavano due dosi da 300ml ciascuno e sono previste tre somministrazioni. Dopo la prima somministrazione, c’è un monitoraggio clinico di laboratorio e nel caso di mancata risposta c’è la seconda somministrazione e così di seguito. A distanza di 48 ore l’una dall’altra. 

Dunque, una terapia che si unisce alle altre nella speranza che si possa debellare al più presto il Covid-19, un nemico che ha già cambiato per sempre l’approccio alla nostra vita.

di Sebastiano Lo Monaco

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