Cisgiordania: via libera a 300 nuovi insediamenti illegali
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ordinato la costruzione di 300 nuove unità abitative nell’insediamento di Dolev in Cisgiordania, costruite illegalmente sulla terra del villaggio di al-Janiya a ovest di Ramallah. La mossa arriva dopo l’esplosione di venerdì vicino al villaggio di Ein Arik a ovest di Ramallah che ha ucciso un colono israeliano e ferito altri due.
Secondo quanto riferito, Netanyahu ha diretto l’organismo del ministero della Difesa responsabile dell’autorizzazione della costruzione in Cisgiordania di avanzare un piano per un nuovo quartiere nell’insediamento di Dolev. Secondo i media, Netanyahu afferma che “approfondiremo le nostre radici e colpiremo i nostri nemici. Continueremo a rafforzare e sviluppare gli insediamenti”.
Netanyahu rimane cieco nel vedere che sta presidiando un regime di segregazione e occupazione. Non dovrebbe essere così difficile da vedere. Sicuramente capisce che un regime basato sulla superiorità etnica ricorda al mondo una delle peggiori e più dolorose lezioni della storia.
Che tipo di regime Israele pensa che il mondo veda quando osserva le strade di segregazione che percorrono la Cisgiordania, lungo la linea etnica? Quando vede la costruzione del vergognoso muro di apartheid? Quando si tiene una delle strisce di terra più densamente popolate al mondo sotto costante assedio? O quando si costruiscono insediamenti illegali su terra rubata? Le pratiche non democratiche di Israele e le politiche di occupazione ne stanno minando la legittimità internazionale.
Cisgiordania, obiettivo Gerusalemme
L’“Ebraicizzazione” di Gerusalemme è, nei fatti, l’obiettivo finale di Israele. È palese che, nonostante i proclami e le prese di posizione meramente apparenti, la Comunità Internazionale non faccia nulla di concreto per fermare l’annientamento del popolo arabo. Non si chiedono sforzi immani, sarebbe sufficiente e auspicabile impugnare le leggi internazionali. Spesso queste leggi sono servite da legittimazione per l’aggressione a Stati Sovrani, Libia, Siria, Yemen per citare solo gli ultimi casi.
di Redazione