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Canada: proteste e ipocrisia per la vendita di armi all’Arabia Saudita

di Cristina Amoroso

Sulla vendita di armi all’Arabia Saudita per 12 miliardi di dollari americani – la più grande nella storia del Canada – continua da mesi il malcontento dei cittadini canadesi, rinfocolato dalla mischia dei partiti politici.

Il contratto di vendita di veicoli blindati leggeri risale al mese di febbraio del 2014 ad opera di una precedente amministrazione di conservatori, che ora il nuovo partito democratico (Ndp) accusa di ingannare i canadesi, perché non hanno rispettato la volontà popolare rifiutandosi di annullare la vendita, quando nel mese di novembre hanno ripreso il potere.

Le scuse addotte dal nuovo governo conservatore riguardavano la natura del contratto, presentato come “un affare già fatto”, che non si poteva annullare senza incorrere in pesanti sanzioni e notevoli perdite di posti di lavoro, secondo la solita tecnica intimidatoria.

Tuttavia documenti pubblicati questa settimana dal Dipartimento di Giustizia, in risposta ad una causa che cercava di bloccare l’affare, hanno mostrato che il ministro degli Esteri Stéphane Dion ha firmato permessi cruciali di esportazione solo lo scorso venerdì.

Dion, che era ben a conoscenza che la vendita di veicoli dotati di mitragliatrici e armi anticarro aiuta Riyadh nella sua brutale aggressione contro lo Yemen, mercoledì ha affermato che simili sistemi di armi sono stati venduti in Arabia fino dal 1993.

Ha inoltre dichiarato ai giornalisti che, secondo le informazioni più aggiornate, l’Arabia non ha abusato dell’attrezzatura violando i diritti umani e neppure “l’equipaggiamento è stato utilizzato in modo contrario agli interessi strategici del Canada e dei suoi alleati”. Il leader dell’Ndp Thomas Mulcair si è unito nella mischia dichiarando: “Il governo ha mentito ai canadesi sul chi e sul quando è stato firmato l’accordo, il che è una cosa molto seria”.

Già in precedenza, il 6 gennaio, moltissimi manifestanti si erano riuniti presso l’ambasciata saudita di Ottawa, indignati per l’esecuzione di 47 prigionieri condannati per accuse di terrorismo, tra cui l’influente esponente religioso sciita, lo sceicco Nimr al-Nimr. Allora i manifestanti chiedevano al primo ministro canadese Justin Trudeau di annullare l’affare delle armi con l’Arabia Saudita e, quindi, di dimostrare il malcontento per gli abusi dei diritti umani, anche se la mossa avrebbe potuto danneggiare gli interessi economici del Canada.

“Siamo qui oggi per chiedere al governo di rivedere la sua politica quando si tratta di Arabia Saudita. L’ipocrisia deve finire”, avevano urlato i manifestanti giunti da aree lontane come Montreal e Toronto per esprimere il loro sdegno.

L’ipocrisia del Canada, come l’ipocrisia degli Usa, dove mercoledì due senatori hanno introdotto una legislazione per bloccare le vendite future di munizioni aeree in Arabia Saudita fino a quando il presidente Obama verifica che il governo saudita è rispettoso del diritto internazionale umanitario nella guerra in Yemen, che non supporta gruppi terroristici, e che sta portando avanti tutte le misure per sradicare al-Qaeda e il gruppo del sedicente Stato islamico.

Secondo i ricercatori del Congresso, gli Stati Uniti hanno venduto dal 2010 più di 100 miliardi di dollari in armi in Arabia Saudita. Attacchi aerei della coalizione saudita, che gruppi come Human Rights Watch e Amnesty International hanno esplicitamente legato alle armi degli Stati Uniti, hanno causato la maggior parte degli oltre 8.200 morti dal marzo scorso, secondo le Nazioni Unite. Nel mese di novembre, gli Stati Uniti hanno annunciato un accordo 1.3 miliardi di dollari che avrebbe in parte ricostituito le scorte di bombe usate durante la campagna aerea in Yemen.

Il disegno di legge del Senato si applicherebbe in particolare a tutte le vendite di munizioni aria-terra in Arabia Saudita, che forse – direbbe qualche maligno complottista – non ne ha più bisogno, visto che ha comprato la bomba atomica dal Pakistan, con l’autorizzazione degli Usa.

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