Inseguendo il sogno di Sankara
Thomas Sankara era il carismatico leader del Burkina Faso; acceso sostenitore del panafricanismo e del riscatto delle popolazioni oppresse, è tutt’ora conosciuto come il “Che Guevara” africano.
Fu l’ultimo presidente democratico di quel Paese, morì nel 1987 in circostanze mai del tutto chiarite durante il colpo di stato che instaurò il regime corrotto e oppressivo di Blaise Campaoré, interrotto solo nell’ottobre del 2014 da una serie di rivolte popolari.
Durante i 27 anni di quel potere, ai familiari è sempre stato negato il permesso di riesumare la salma per accertare le cause della morte; adesso, finalmente, un’autopsia ha rivelato che il suo corpo fu crivellato di proiettili. Lo ha dichiarato Ambroise Farama, avvocato della famiglia Sankara.
Dalla caduta di Campaoré (attualmente in esilio) il Paese è retto da un Governo provvisorio e da un presidente ad interim, che lo dovevano portare a libere elezioni fissate per l’11 ottobre; ma a settembre, un colpo di stato della Guardia Presidenziale, formata da fedelissimi dell’ex Presidente ha minacciato di bloccare il processo democratico. È stato il colpo di coda del vecchio blocco di potere che si vedeva definitivamente tagliato fuori. Solo la condanna unanime della comunità internazionale, e l’immediata mobilitazione dell’Esercito, ha neutralizzato i golpisti che si sono arresi dopo alcuni giorni di trattative.
Il Burkina Faso è un Paese poverissimo che sopravvive a mala pena grazie alle modeste rimesse dei tanti emigrati; gli aiuti internazionali arrivano, e a quelli miravano i golpisti, perché nella gran parte finiscono nelle tasche dei gruppi di potere dominanti.
Vista la situazione le elezioni sono state rinviate, ma quando si terranno ci auguriamo che sanciscano la fine definitiva del gruppo di potere di Campaoré, e vedano emergere qualcuno che finalmente raccolga l’eredità di Sankara.
di Redazione