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Brasile: impeachment per Wilma Rousseff, a Washington si brinda

di Redazione

A schiacciante maggioranza (55 a 22) il Senato brasiliano ha votato per l’impeachment della Presidente Wilma Rousseff; adesso è sospesa dall’incarico per un massimo di sei mesi durante i quali dovrà difendersi dalle accuse, fino al verdetto definitivo che sarà emesso sempre dal Senato.

Assume la Presidenza il vice-presidente Michel Temer, un politico chiacchierato quanto detestato dall’elettorato (secondo i sondaggi, ad elezioni presidenziali non andrebbe oltre il 2%), che è uno dei registi del golpe bianco che gli permetterà di rimanere ai vertici del Paese fino al 2018.

È l’epilogo dell’attacco contro le politiche, e soprattutto il mancato allineamento a Washington ed alla finanza internazionale, espresse in 13 anni prima la Lula e poi dalla Rousseff. Un attacco concentrico al Pt (Partito dei Lavoratori) da parte di potentati economici, media da loro controllati e spezzoni di magistratura.

È il risultato di una massa di errori commessi e non ammessi dalla Presidente, che hanno messo a nudo tutta la sua inadeguatezza, indebolendola e rendendola il capro espiatorio perfetto di un Paese scontento. Adesso Temer metterà mano a un’agenda liberista (e filo Usa) che romperà col passato e farà la felicità dei mercati finanziari, della grande industria e delle classi più agiate.

Ma la rimozione della Rousseff, e l’estromissione del Pt dal potere, non risolverà nessuno dei tanti problemi del Brasile: né quelli economici e neanche la corruzione imperante che vede la stragrande maggioranza dei parlamentari che hanno votato per l’impeachment accusati o sotto processo per essersi arricchiti illegalmente (e questo a differenza della Presidente, sin’ora estranea a questo genere di accuse).

I deputati e i senatori che l’hanno silurata sperando di salvarsi rifacendosi una verginità, verranno a breve travolti dalla magistratura che continua le sue inchieste. Sarà tutta la classe politica ad essere spazzata via, per far posto ai nuovi e più affidabili referenti dei centri di potere (nazionali ed internazionali) che appaiono evidenti dietro l’operazione.

L’imputazione di Dilma per una pratica messa in atto da tutti i Presidenti che l’hanno preceduta (abbellire i bilanci), è stato solo il pretesto per spazzare via un Governo senza passare da elezioni e consegnare il Paese a chi adesso avrà mano libera. A Washington ed a Wall Street si brinda.

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