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Benedetto XVI e l’Islam, nelle differenze la reciprocità

“Benedetto XVI con Ali Akbar Naseri, sino al luglio 2012 Ambasciatore presso la Santa Sede della Repubblica Islamica dell’Iran. Smentendo alcuni stereotipi diffusi in Occidente, tra i due Stati esistono solidi rapporti: il personale diplomatico iraniano accreditato presso la Santa Sede è il secondo in ordine di grandezza”.

di Federico Cenci

Mentre si contano i giorni che separano la Chiesa cattolica dall’inizio della sua sede vacante, trova già ampio spazio di dibattito il resoconto del conclusivo pontificato di Benedetto XVI. Tra gli aspetti considerati, spicca il dialogo inter-religioso. Tema che sin dal famoso incontro tra i leader delle confessioni di tutto il mondo, avvenuto ad Assisi nel 1986 per volere di Giovanni Paolo II, è ritenuto uno dei pilastri su cui edificare un avvenire di reciproco rispetto tra le genti. In un discorso dell’ottobre 2007, Benedetto XVI chiarì il senso autentico di quello storico appuntamento nella città di San Francesco, da molti confuso con uno scivolamento verso il sincretismo. “Nel rispetto delle differenze delle varie religioni – sottolineava il Pontefice -, tutti siamo chiamati a lavorare per la pace e ad un impegno fattivo per promuovere la riconciliazione tra i popoli”. La specifica sul rispetto delle differenze è determinante, pertanto indica la direzione seguita da Benedetto XVI durante tutto il suo pontificato per perseguire il dialogo inter-religioso.

La crisi dopo il discorso di Ratisbona.
È con l’Islam che il dialogo è stato oltremodo intenso, vista l’importanza che può ricoprire per i destini dell’umanità trovare forme di convivenza proficue tra le due fedi religiose con più seguaci nel pianeta. Benedetto XVI si è molto prodigato per costruire ponti di dialogo tra Croce e Mezzaluna, benché si ricordi inevitabilmente anche la controversia scaturita dal famoso discorso che il Santo Padre pronunciò a Ratisbona nel 2006 (1). In realtà, una più approfondita analisi della lectio magistralis tenuta dal Papa nella città tedesca aiuta a dirimere le iniziali e gravi polemiche, che alimentarono crudeltà e generarono crisi diplomatiche. Benedetto XVI, nel promuovere quale strumento per “condurre alla fede” il “parlar bene e il ragionare correttamente” e condannare il ricorso alla violenza, non aveva affatto intenzione di perpetrare un attacco all’Islam e ai suoi valori. Anzi, in un momento storico in cui la retorica dello “scontro di civiltà” spingeva molti, in Occidente, alla diffidenza verso l’Islam, il Papa provava a tendere la mano al popolo musulmano, proponendo come terreni di dialogo la condanna dei fondamentalismi e la necessità di ricercare la via del “bene comune”. Il clima di incomprensione venne definitivamente appianato circa un anno dopo, con la lettera distensiva che 138 saggi musulmani inviarono a Benedetto XVI e ai Capi delle altre chiese cristiane.

La comune battaglia al relativismo.
Risolta la frattura seguita al discorso di Ratisbona, il popolo dell’Islam ha potuto apprezzare la sincerità e il coraggio di un Papa poco incline all’ipocrisia e ai buonismi, schietto fin da quando era ancora cardinale nell’individuare “profonde diversità” tra queste due grandi religioni. Profonde diversità che non impediscono, tuttavia, di riconoscere punti di incontro e la comune battaglia al relativismo. In un’intervista rilasciata allo storico Ernesto Galli della Loggia, nel 2004, l’allora cardinal Ratzinger disse a chiare lettere: “È stato detto che non dobbiamo parlare di Dio nella costituzione europea, perché non dobbiamo offendere i musulmani e i fedeli di altre religioni. È vero il contrario – rilevò -, ciò che offende i musulmani e i fedeli di altre religioni non è parlare di Dio o delle nostre radici cristiane, ma piuttosto il disprezzo di Dio e del sacro che ci separa dalle altre culture e non crea una possibilità di incontro, ma esprime l’arroganza di una ragione diminuita, ridotta, che provoca reazioni fondamentaliste”. Una ragione che, per usare ancora le parole del cardinal Ratzinger, “diventa pericolosa e distruttiva per la creatura umana se è positivista, che riduce i grandi valori del nostro essere alla soggettività, e diventa così un’amputazione della creatura umana” (2).

Benedetto XVI in Libano.
Una diversità, dunque, che secondo Papa Benedetto XVI sarebbe sbagliato negare o sottacere. Lo stesso Papa, durante il viaggio del settembre scorso in una terra di convivenza inter-confessionale e anche di conflitti come il Libano, ha sottolineato l’impegno che, pur nelle differenze, le due culture devono fornire per raggiungere il “bene comune”. Il “dialogo tra gli uomini – ha detto il Pontefice – è possibile solamente nella consapevolezza che esistono valori comuni a tutte le grandi culture, perché sono radicate nella natura della persona umana”. “Questi valori, che sono come un substrato – ha spiegato ancora Benedetto XVI – esprimono i tratti autentici e caratteristici dell’umanità. Essi appartengono ai diritti di ogni essere umano”. Quindi, confermando la linea di dialogo fondato sulla reciprocità e non sulla mescolanza che annulla le identità, il Papa ha concluso che “nell’affermazione della loro esistenza, le diverse religioni recano un contributo decisivo”.

(1) http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2006/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20060912_university-regensburg_it.html

(2) http://www.zenit.org/it/articles/dialogo-su-storia-politica-e-religione

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