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Bangladesh, crimini ed abusi di una polizia senza legge

Blood on the street, è questo il titolo del rapporto pubblicato da Human Rights Watch in cui si denuncia la forza eccessiva utilizzata dalle forze di sicurezza in Bangladesh per sedare le rivolte in piazza. Sono centinaia i manifestanti uccisi negli ultimi anni e migliaia i feriti, senza contare gli arrestati.

Nulla è stato fatto dalle autorità di governo per perseguire i responsabili delle forze di sicurezza. L’accusa è stata supportata dalle 95 interviste rilasciate dai familiari delle vittime e altri testimoni, in cui sono documentate anche le uccisioni di una dozzina di rappresentanti delle forze di sicurezza e del governo, oltre ad esecuzioni extragiudiziali.

Numerose sono state anche le manifestazioni che chiedevano la pena di morte per un membro del partito Jamaat-e-Islami dopo che gli era stato accordato l’ergastolo, mentre i sostenitori del partito hanno protestato contro la decisione della pena di morte per la vice-presidente Delwar Hossain Sayedee.

Sarebbe opportuno che il governo del Bangladesh nominasse una commissione indipendente per indagare su questi crimini e perseguirne i responsabili, e consentisse a relatori speciali delle Nazioni Unite di entrare nel paese per effettuare valutazioni indipendenti.

Inoltre, risulta che le forze di sicurezza abbiano usato accuse penali pretestuose per intimidire i testimoni e i familiari delle vittime. Dopo le proteste la polizia ha presentato migliaia di denunce contro ignoti, sarebbe quindi entrata in queste comunità e avrebbe usato questi rapporti come giustificazione per arresti arbitrari, soprattutto di sostenitori del partito Jamaat. Hrw ha anche denunciato un restringimento di spazio per i media e la chiusura di alcune televisioni di opposizione come TV islamica e Diganta TV, che trasmettevano in diretta dai luoghi di protesta. Blogger e giornalisti sono stati arrestati e quotidiani d’opposizione chiusi, come l’Amar Desh.

di Laura Gargiulo

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