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Amnesty: Congo, high-tech e sfruttamento

di Carla Cacciavillani

Amnesty International insieme con African Resources Watch (Afrewatch) in un recente report chiamato “This is what we die for”, ha accusato le maggiori multinazionali di high-tech, come Apple, Microsoft, Sony, Samsung ecc, di sfruttamento minorile nella Repubblica Democratica del Congo per quanto concerne la lavorazione del cobalto, un materiale fondamentale per la costruzione delle batterie agli ioni di litio.

Più della metà di questo materiale circa il 20% proviene dal Congo, soprattutto nella parte meridionale del Paese; il numero di lavoratori ammonta a circa 150mila, tra cui molti bambini dai sette anni in su.
L’indagine è iniziata tra l’Aprile e il Maggio 2015, in varie miniere intervistando più di novanta persone, 17 delle quali minorenni. Le tante testimonianze raccontano di luoghi non inclini alle regole, l’utilizzo di guanti o mascherine è inesistente, ciò rappresenta un grave rischio per i lavoratori, perché il prolungato contatto con questo materiale può provocare asma, dermatite, gravi patologie polmonari, o anche lesioni alla colonna vertebrale.

Si aggiungono anche ambienti pericolosi perché non sono dotati di sistemi di ventilazione, inoltre c’è anche un forte rischio di incendi e crolli dei tunnel. Tra l’altro, i lavoratori vivono sotto costante minaccia delle guardie minerarie e sono soggetti ad estorsioni, violenze e ricatti, tutto questo per guadagnare un dollaro al giorno.

La maggior parte di questa produzione finisce nelle mani dell’azienda cinese Huayou Cobalt e della Congo Dongfang Mining che la vendono ad aziende cinesi e della Corea del Sud.
Per tutta risposta sono arrivate le smentite delle maggiori aziende, in quanto negano di avere affari con questa società cinese; Apple e Samsung sostengono che il lavoro minorile nella loro azienda non è tollerato.

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