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Amnesty condanna il Bahrain per la brutale repressione contro gli sciiti

di Giovanni Sorbello

Amnesty International ha chiesto al regime del Bahrain di sospendere la brutale repressione contro esponenti dell’opposizione. 

Bahrain“Le autorità del Bahrein dovrebbero interrompere immediatamente la loro repressione contro gli avversari politici”, riporta il comunicato del gruppo per i diritti umani con sede nel Regno Unito. Nel corso degli ultimi due mesi, decine di manifestanti e almeno 60 religiosi sciiti sono stati convocati e arrestati in connessione con sit-in svolti nel villaggio di Diraz, sede del leader religioso sciita, Sheikh Isa Qassim. 
Lo sceicco Qassim è il leader spirituale del movimento sciita al-Wefaq, principale gruppo d’opposizione del Bahrain, che è stato recentemente sciolto dal regime di Manama. Gli è stata revocata la cittadinanza nel mese di giugno, con l’accusa di cercare di creare “sedizione”. 

Amnesty ha riferito che quattro dei chierici detenuti sono stati condannati a uno e due anni di reclusione, mentre altri nove rimangono in detenzione in attesa di giudizio. 
La maggior parte dei 60 religiosi sono stati accusati di “raduno illegale” o “incitamento all’odio del regime”, e per aver preso parte alle manifestazioni a Diraz. 

Molti dei religiosi sciiti hanno rilasciato una dichiarazione in cui chiedono che il regime di al-Khalifah fermi la sua repressione contro ogni forma di opposizione. 
Lo scorso mese, diversi esperti indipendenti nominati dalle Nazioni Unite hanno dichiarato che il regno dovrebbe smettere di arrestare arbitrariamente, e rilasciare tutti coloro che sono stati arrestati per aver esercitato i propri diritti . 

Anche Human Rights Watch ha accusato il regime del Bahrain di colpire sistematicamente i leader religiosi della comunità sciita del Paese e violare il diritto dei chierici alla libertà di espressione e di riunione. 

Il regime del Bahrain, stretto alleato degli Stati Uniti nella regione del Golfo Persico, è attraversato da un’onda di proteste anti-regime dalla metà del febbraio 2011. Le proteste sono state brutalmente represse dal regime, con decine di manifestanti uccisi e centinaia di altri feriti o arrestati.

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