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Traffico illegale d’avorio: ecco dove arriva l’avidità dell’uomo

di Salvo Ardizzone

Il traffico illegale dell’avorio uccide in Africa circa 100 elefanti al giorno; 35mila all’anno. La Tanzania è il Paese da cui proviene la maggior parte delle zanne di contrabbando: tra il 2009 e il 2013, nella sola riserva di Selous Game, gli esemplari sono passati da 39mila a 13mila, ed è così in tutto lo Stato e nel resto dell’Africa.

L’avorio è ricercato nei mercati d’Oriente e soprattutto in Cina, dove finisce per oltre il 70%; laggiù i ricchi lo considerano un simbolo prestigioso da possedere, e sono disposti a pagare somme notevoli per averlo.

Gli interventi di facciata delle autorità (a gennaio scorso, a Hong Kong, principale collettore di quell’oro bianco, ne hanno distrutto pubblicamente sei tonnellate), secondo l’Ong Save the Elephant, hanno semplicemente fornito ai venditori la scusa per fare impennare il prezzo per gli acquirenti che, in quattro anni, è passato da 750 a 2.100 $ al kg.

A far comprendere quanto ciò sia radicato, è la notizia diffusa da un minuzioso rapporto dell’Eia (Environmental Investigation Agency): nel marzo del 2013, in Tanzania arrivò una folta delegazione cinese al seguito del Presidente Xi Jinping. Già nelle settimane precedenti i compratori locali cinesi fecero incetta di avorio illegale, facendo duplicare il prezzo di partenza fino a 700 $ al kg. Secondo diverse e concordanti testimonianze rese da trafficanti, tutto quell’avorio partì per la Cina nelle valige dei diplomatici e degli uomini d’affari al seguito del Presidente. Interrogate sul fatto dal New York Times, le autorità cinesi hanno negato l’evidenza delle prove, affermando con spudorata ipocrisia che funzionari cinesi non possono essere coinvolti in quei traffici illegali. 

Il traffico d’avorio è un business che non conosce sosta; il commercio di zanne aumenta di circa il 10% all’anno, al di là d’ogni rincaro od ogni tentativo di regolamentazione: secondo uno studio dell’International Fund for Animal Welfare, nel 2011, in Cina, su 158 negozi che vendevano avorio, 101 erano senza le licenze previste.

Ignoranza, arroganza, avidità, cinismo, sete d’ostentazione: sono i segni distintivi d’una classe di nuovi ricchi che bramano quel simbolo e che stanno conducendo uno splendido animale inesorabilmente verso l’estinzione.   

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