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Afghanistan: i talebani conquistano Kunduz, per gli Usa ennesimo fallimento nella regione

di Redazione

Lunedì le milizie talebane hanno conquistato Kunduz, nel Nord dell’Afghanistan; stavolta non si tratta di un villaggio ma della quinta città del Paese abitata da oltre un milione di abitanti, uno degli snodi viari e commerciali più importanti.

Dinanzi allo smacco bruciante, l’Esercito afghano ha fatto affluire rinforzi e dalla base di Bagram si sono levati gli aerei dell’Air Force per sostenerli. Nella città sono in corso combattimenti e la situazione è estremamente confusa, ma è chiaro che la riconquista, semmai riuscirà, sarà lunga e a poco servirà l’appoggio degli F-16 Usa in una battaglia strada per strada.

È un colpo gravissimo per Ashraf Ghani, il Presidente eletto appena un anno fa, che con autentici equilibrismi stava tentando di trattare una difficile pace con alcune fazioni talebane, sotto la regia pakistana e il consenso di Usa e Cina.

Il nuovo leader talebano, mullah Akthar Mansour succeduto al Mullah Omar dopo l’ufficializzazione della sua morte, ha mostrato di avere lui la forza in mano, ed ha gettato la sfida ai dissidenti e all’Isis (che sotto regie oscure prova a mettere radici nell’area) per affermare chi comanda.

Dopo 14 anni di una guerra inutile e disastrosa, e a 9 mesi dal ritiro delle forze ufficialmente combattenti della Nato–Isaf, l’Afghanistan sta tornando rapidamente al punto di partenza, con un Governo più che mai debole e che continua a dipendere in tutto dall’aiuto Usa.

Anche il Pentagono è pienamente consapevole del completo fallimento del più lungo impegno militare mai sostenuto, tanto che, malgrado l’ufficiale ritiro delle truppe, ha dovuto lanciare l’operazione Freedom Sentinel, una specie di Enduring Freedom in miniatura, per puntellare con alcune migliaia di elementi delle forze speciali un’impalcatura marcia in procinto di crollare.

Per comprendere appieno i motivi di un tale colossale fallimento, costato laghi di sangue e immani distruzioni oltre a montagne di dollari finiti nella gran parte nelle tasche delle società ammanigliate col Pentagono e per il resto in bustarelle ai potenti locali, basterebbe notare che erano in molti fra la popolazione ad applaudire l’ingresso dei talebani. Certo, la paura (certamente motivata) sconsiglia il dissenso, ma per tanti era la stanchezza di un Governo inetto e corrotto, di funzionari locali rapaci, di signori della guerra avidi, sanguinari e onnipotenti; insomma, dell’Afghanistan costruito dall’intervento Usa.

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