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Lumumba, un martire che parlava di giustizia sociale e di lotta all’imperialismo

di Salvo Ardizzone

Nel gennaio di 55 anni fa veniva barbaramente assassinato Patrice Lumumba, una personalità assurta a simbolo della lotta al colonialismo e all’imperialismo; una lotta che a distanza di tanto tempo è più che mai attuale in Africa, ma che purtroppo non riesce a trovare uomini che la incarnino, scuotendo le popolazioni di un Continente tenuto nelle catene della miseria e sfruttato da multinazionali e gruppi dirigenti corrotti.

La storia di Lumumba è breve, morì a solo 35 anni: nel periodo immediatamente precedente la fine della dominazione belga, in assoluto la peggiore fra quante hanno afflitto l’Africa, divenne un leader popolare con un programma che parlava di giustizia sociale, di fine del colonialismo, di lotta all’imperialismo e all’invasiva presenza delle grandi società straniere.

Divenuto Primo Ministro il 23 giugno del 1960 dopo aver vinto trionfalmente le elezioni, sfidò l’ex potenza coloniale e i suoi alleati che pensavano di poter continuare a gestire a piacimento le tante ricchezze del Paese attraverso il controllo dell’Esercito. Il Belgio rispose mandando le proprie truppe in Katanga, la regione più ricca del Congo, sostenendone la secessione e inducendo il presidente congolese Kasa-Vubu a destituirlo nel settembre successivo.

Visto che Lumumba continuava la sua lotta con l’appoggio del Parlamento, a dicembre il colonnello Mobutu lo arrestò dopo un colpo di stato e il 17 gennaio lo trasferì in Katanga consegnandolo ai suoi nemici giurati (e al Belgio). La sera stessa venne assassinato e i suoi resti sciolti nell’acido.

Mobutu, che era stato un amico ed alleato politico di Lumumba, lo “vendette” per assicurarsi una carriera politica che fra il 1965 e il 1997 gravò il Congo della peggiore cleptocrazia oppressiva mai sperimentata, saccheggiando e devastando il Paese in modo irreversibile.

La breve battaglia di Lumumba fu contro l’umiliazione di un Continente, dei suoi Popoli come delle loro culture. Il sistema coloniale, infatti, era basato non solo sull’esercizio della violenza, ma sull’imposizione di modelli culturali ed economici estranei, e sull’emarginazione, anzi, la negazione dei modelli locali, a cui era vietato qualunque tipo di riconoscimento.

Alle elites delle popolazioni locali, e solo ad esse, veniva talora concesso come “premio” di farsi assimilare dalla cultura dei dominatori, ripudiando le proprie radici e rimanendo comunque discriminate.

L’essenza del messaggio i Lumumba rivendica la dignità degli oppressi e il loro diritto di vivere liberi dal giogo dei potenti.

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