A Milano l’inutile passerella europea di Renzi, mentre il Paese affonda
Mercoledì 8 s’è tenuto a Milano il vertice europeo fortissimamente voluto dal Premier Renzi, un incontro derubricato a “conferenza ad alto livello sull’occupazione” per l’assenza di molti leader (ne mancavano una diecina). Nei desideri di Renzi doveva sancire l’apoteosi dinanzi all’Europa della sua azione di governo per il lavoro e l’occupazione, col trofeo dello Jobs Act fresco d’approvazione da esibire.
In realtà è stata un’inutile passerella interlocutoria di cui tutti avrebbero fatto volentieri a meno in attesa del vertice vero, quello del 23 ottobre a Bruxelles dei capi di Stato e di governo. La stessa conferenza stampa tanto evocata, che ha visto insieme Renzi, Hollande e la Merkel, oltre ai vertici uscenti della Ue (Barroso, Van Rompuy e Schulz), non ha detto nulla di nuovo, con Hollande guardingo e la Cancelliera attenta a non scoprire le carte dietro sorrisi e dichiarazioni che alternavano aperture velate alle solite chiusure sostanziali.
Tutto rimandato al 23 ottobre dunque, con la festa guastata al Premier da un Senato riluttante ad approvare a scatola chiusa la delega al Governo sul Jobs Act, in tempo per essere ostentata dinanzi agli altri leader europei; tanto ampia da rischiare seriamente l’impugnazione dinanzi alla Corte Costituzionale.
In realtà, il tanto reclamizzato provvedimento è poco più d’un foglio bianco, una generica esposizione d’intenzioni che rimanda ogni cosa ai soliti decreti delegati da esitare entro sei mesi; insomma, a seconda della convenienza, dell’opportunità o semplicemente del tornaconto, si rinvia a dopo di riscrivere come meglio si crede le regole su un tema delicato come il lavoro.
Sarebbe assurdo quanto deprecabile ma avrebbe un senso se il Governo avesse già chiaro cosa fare, il fatto è che ancora non sa proprio come articolarlo quel provvedimento: serviva a Renzi per ostentarlo nella passerella milanese dinanzi ai colleghi europei. Il Sistema Italia già gode di pessima reputazione per le tante promesse sistematicamente disattese e per le troppe “particolarità” che lo contraddistinguono, non ha certo bisogno di altre trovate da magliari.
Nella stessa giornata, Andrea Montanino, Direttore Esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, ha dichiarato che per le attuali condizioni l’Italia non è un Paese che possa avere un futuro sereno, e nel frattempo sono continuate a fioccare le notizie che parlano di un Paese bloccato, che arretra su tutti i fronti, in mano a cricche e lobby che spadroneggiano a piacimento depredandone le ultime risorse. Come abbiamo detto più volte, è un Paese che muore e che non può più attendere.
In Europa lo scontro vero sarà quindi il 23 ottobre, allora bisognerà giocarsi la partita con una linea che non si è chiarita, alleanze che non si sono strette e proposte che non sono pronte; dinanzi non avremo neanche la Merkel, non ne ha bisogno dopo che le si è permesso di disegnarsi l’intera Commissione a piacimento; alla bisogna ci penseranno i vari Katainen a fare la faccia feroce in sua vece.
Per il Sistema Italia è questione di sopravvivenza per i tanti dossier aperti: politiche di bilancio in testa e poi rapporti con la Russia e politica energetica, situazione in Libia e in Medio Oriente e così via. Vorremmo che in merito ci fosse finalmente qualche proposta sensata, espressione del Sistema nel suo insieme e non delle lobby e potentati di settore come d’uso. Ma sappiamo di chiedere già troppo.