Pescatori sequestrati in Libia: dov’è l’Italia?
Dei pescatori sequestrati in Libia da ben oltre un mese si è sentito parlare poco e male. Una notizia passata quasi in sordina nel mezzo delle beghe nazionali tra elezioni ed emergenza covid.
Si tratta di 18 pescatori di Mazara del Vallo trattenuti a Bengasi, accusati di trasportare droga anche se si attende il processo da parte delle milizie del generale Haftar. Per la liberazione dei pescatori sequestrati, il governo di Haftar ha avanzato delle pretese che per il governo italiano sono inaccettabili. Infatti, i libici hanno chiesto la liberazione di quattro calciatori libici che sono stati condannati a trent’anni di carcere dal tribunale di Catania. I quattro sarebbero autori della strage avvenuta nel 2015 in cui morirono 49 migranti.
Italia messa sotto scacco da un capobanda
I quattro calciatori in realtà sarebbero degli appartenenti ad un clan molto vicino al generale Haftar e per lui sarebbe un colpaccio politico riuscire a riportare in Libia queste personalità. Un altro motivo potrebbe essere quello di giocare al braccio di ferro con l’Italia facendo crescere il peso politico del generale Haftar in Libia. Quindi, l’ingresso in campo di mediatori per riportare a casa i pescatori sarebbe quindi una prospettiva alquanto probabile.
Haftar non ha un ruolo politico ufficiale in Libia, quindi l’Italia per trattare la liberazione dei pescatori si è rivolta, per vie traverse, agli alleati di Haftar: Emirati, Egitto, Russia. Un compito non facile visto che negli ultimi periodi sia la Russia che l’Egitto non sono molti vicini ad Haftar.
In Italia, i familiari dei 18 pescatori attendono notizie da oltre un mese. I due pescherecci si trovano ormeggiati nel porto di Bengasi dalla sera del primo settembre, quando tre unità delle autorità militari del generale Haftar sono intervenute a 38 miglia dalle coste libiche. In questo specchio d’acqua si trovavano ben nove pescherecci.
Pescatori sequestrati, familiari abbandonati
“Ci stavano controllando da giorni”, racconta uno dei pescatori che si trovava a bordo di una delle imbarcazioni fuggite all’agguato. In effetti, il sequestro è stato eseguito a poche ore dalla ripartenza verso l’Italia del Ministro degli Esteri, Luigi di Maio, arrivato in Libia per suggellare l’accordo con il premier libico riconosciuto dall’Onu, Fayez al-Serraj.
L’accusa principale è quella di aver pescato in una zona che i libici ritengono di loro competenza. Una vicenda che si ripete da anni. Dal 2005, la Libia, all’epoca governata da Gheddafi, adotta la convenzione di Montego Bay del 1982, che prevede la possibilità di estendere fino a 200 miglia la propria autonomia all’interno della Zona economica esclusiva.
Dal secondo dopoguerra è lungo l’elenco di pescherecci prima sequestrati e poi restituiti all’Italia. In una nota del Ministero degli Interni libico del 17 maggio 1980 si legge: “Unità della Marina militare libica stazionano al largo dell’isola di Malta anche allo scopo di catturare pescherecci italiani i cui equipaggi potrebbero servire come ostaggi da scambiare con eventuali libici arrestati”.
In realtà non dovremmo sorprenderci più di tanto, da decenni la nostra Italietta è priva di ogni credibilità e sovranità.
di Sebastiano Lo Monaco