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America allo sbando soffocata dalla rabbia

Non è più un’impressione ma un dato di fatto: l’America è allo sbando, soffocata dalla rabbia scatenata dall’uccisione di George Floyd. Un atto barbaro, ingiustificato, che ha fatto traboccare il vaso della diseguaglianza sociale che il Covid-19 aveva già ampiamente esasperato. L’agente che ha ucciso George Floyd è stato solo l’ultimo degli eventi che la comunità afroamericana, messa ai margini della società, ha subito.

A fare da cassa di risonanza vi è lo strepitio e la sparizione non solo metaforica di un politico di cartapesta, Trump, che non ha saputo fare altro che twittare frasi rabbiose, esasperando il conflitto e la rabbia. Un leader che per essere protetto dai manifestanti arrivati sin dinnanzi la Casa Bianca è stato costretto a rifugiarsi dentro al bunker.

Spiccano le prese di posizioni degli idoli della Nba come Michael Jordan, LeBron James e il gigante del Lakers Kareem Abdul Jabbar che parla del razzismo come di un “Virus” che infesta l’America. Sono forse le persone meno adatte a parlare in un momento come questo che necessiterebbe di leadership e visione politica. L’America è una nazione dove la massima spinta all’azione viene da un Tweet di Trump che incita ai governatori ad agire con durezza altrimenti “verrete presi per coglioni”.

America e le fragili opposizioni

Blande le prese di posizione dei Democratici con Biden che dimostra tutta la sua fragilità carismatica, stessa cosa per il grande bluff Barack Obama, colui sulla quale si erano riversate le speranze di una comunità che mai come adesso è completamente abbandonata a sé stessa.

Cento sono le città nella quale sono scoppiati gli scontri e nella quale la rabbia sociale ha rotto gli argini per sommergere tutto quello che incontra. Nelle città americane non si assisteva a degli scontri di tale portata dall’assassinio di Martin Luther King e bisogna andare indietro agli anni sessanta. Poi fu la volta di Los Angeles con il famoso caso di Rodney King pestato da un gruppo di poliziotti che la fecero franca. Infine, la triste storia cantata anche da Bruce Springsteen di Diallo, ucciso con 41 colpi di pistola a New York.

Si sono registrati anche casi, seppur sporadici, in cui autisti di autobus si sono rifiutati di portare gli arrestati nei commissariati e poliziotti che si sono inginocchiati (non sappiamo quanto ipocritamente) in segno di solidarietà con i manifestanti.

L’America ha un ginocchio sul collo, ma questa volta non è il ginocchio di un agente ma quello di un’intera comunità che spinge per avere voce e ottenere diritti che, sino adesso, sono rimasti lettera morta.

di Sebastiano Lo Monaco

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