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Coronavirus rivela ciò che l’Europa è – I^ parte

Nessuno avrebbe pensato di vivere da un giorno all’altro la situazione che si è imposta. Con l’avvento drammatico del coronavirus è venuto alla luce che i Paesi in generale, ma soprattutto l’Unione Europea, hanno dimostrato di essere ciò di cui spesso li si accusava: non in grado di pensare al Vecchio Continente come un’unione, ma soltanto un insieme di “nazionalismi” messi uno in fila all’altro. In questo caso, sembra necessario suggerire che non è la somma degli uni più gli altri che rende un’entità statale una Federazione di Stati, una Comunità.

In Europa abbiamo sentito le scuse di Christine Lagarde, attualmente presidente della Banca Centrale Europea. Fortunatamente, dopo l’intervento di Mario Draghi, i cittadini non hanno più dovuto ascoltare la sua voce stridula e cinica. La stessa sorte ha avuto Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea e membro della Cdu Tedesca, la quale ha compiuto il suo passo indietro mostrando il suo lato umano per l’occasione, solo nel momento in cui ha realizzato che la gravità della diffusione del coronavirus coinvolgeva anche la Germania e i paesi Nord Europei.

In seguito c’è stata l’instaurazione della dittatura in Ungheria da parte di Orban e a seguire, il colpo di stato in Slovenia per conto del primo ministro Janez Jansa che ha ottenuto poteri speciali, aggirando la Costituzione. La Slovenia, è bene rammentarlo, è a un passo dall’Italia.

Nessuno ha pensato di espellere immediatamente queste due nazioni dalla Comunità Europea, però nel contempo si osserva la Cina per capire come un regime affronta la situazione del coronavirus. In effetti non c’è bisogno di andare così lontani; questo sembra palese.

La sciagura Eurobond

Per aggiungere altra vergogna, tra i Paesi europei c’è chi ha fermato, requisito e tenuto per sé (dando la colpa al mercato nero) le mascherine destinate e acquistate faticosamente dalla martoriata Italia, restituendo solo una parte del carico e poi c’è l’aspro dibattito per l’emissione di Eurobond, ossia la materiale partecipazione della sciagura tra tutti. Anche in questo caso il paradosso della situazione non lascia molti dubbi: la soluzione non è condivisibile mentre il male è già ovunque nel mondo.

Ciliegina sulla torta, il Die Welt, quotidiano tedesco, il 9 Aprile ha sentenziato che la mafia aspetta i soldi della Ue. Scuse? Prese di distanza da parte di Berlino? Da parte della stampa tedesca? Richieste di chiarimento da parte dell’Europa? Nessuna.  

Silenzio assenso? Cosa dire di fronte a “tanta eleganza”?

Senza strumentalizzazioni, può essere fatto proprio un estratto dell’intervista a Papa Bergoglio l’8 Aprile rilasciata allo scrittore e giornalista britannico Austen Ivereigh tradotta da “La Civiltà Cattolica”: “Oggi, in Europa, quando si cominciano a sentire discorsi populisti o decisioni politiche di tipo selettivo non è difficile ricordare i discorsi di Hitler nel 1933, più o meno gli stessi che qualche politico fa oggi”. Ha poi proseguito affermando: “Basta con la cultura dello scarto” –  “Alcuni governi hanno preso misure esemplari, con priorità ben definite, per difendere la popolazione. Ma ci stiamo rendendo conto che tutto il nostro pensiero, ci piaccia o non ci piaccia, è strutturato attorno all’economia. Si direbbe che nel mondo finanziario sacrificare sia normale. Una politica della cultura dello scarto. Da cima a fondo”. 

L’Europa e in particolar modo alcuni Paesi, hanno perso il velo del tanto decantato progresso civile e strappando le vesti leggere dei principi costituzionali, in men che non si dica tutto si è realizzato: siamo testimoni troppo silenziosi di regimi dittatoriali che guardano al trionfo del più forte… anche se alla fine, il caso ha voluto che anche uno dei più forti finisse in ospedale. Si tratta di un modus operandi che l’emergenza ha fatto spuntar fuori spontaneamente come naturalmente cresce l’erba nei campi in primavera.

La lezione coronavirus

Probabilmente qualcosa è andato storto in merito a quegli anticorpi in seno alle società democratiche da sviluppare e coltivare al fine di contrastare le tirannie. Il coronavirus a questo punto, dovrebbe aver insegnato agli Europei che prima di bacchettare gli altri sulla mancanza di diritti, prima di guardare al Venezuela, alla Russia, alla Cina, a Cuba, all’Iran è bene sistemare un po’ di meccanismi qui da noi, che di problemi intrinseci ne abbiamo quanto gli altri. Semplicemente sappiamo parlare e presentarci meglio; come Stati abbiamo canalizzato più sapientemente il nostro “Es”, ma quando il calderone ribolle, esso viene fuori perché evidentemente il Super Io non ha argini abbastanza forti e radicati.

Il Governo Conte ricordi questa nota importante quando si tratterà di riaprire le frontiere, nella politica estera e nella politica economica, che non si scordi mai delle parole e degli atti offensivi e delle bassezze alle quali si è dovuto assistere.

Ma nell’ultimo D.P.C.M del 10 Aprile un provvedimento errato già è stato preso: si è detto sì ai viaggi di lavoro dall’estero per l’Italia. Decisione sbagliata perché il coronavirus imperversa ora laddove si diceva che noi Italiani eravamo esagerati, dove i nostri giovani e non, all’estero sono stati presi in giro affermando che “erano i soliti” se andavano per le strade con la mascherina e coi guanti. Non bisogna scordare, l’economia non deve vincere sul rispetto umano.

di Ilaria Parpaglioni

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