Ritiro Usa Inf tra minacce e bugie nucleari
Il 20 Ottobre scorso il Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, ha dichiarato di voler ritirare il proprio Paese dal trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) del 1987 per la riduzione degli armamenti atomici, tra accuse reciproche di violazioni del trattato siglato a Washington tra Donald Reagan e Michail Gorbacev. Quel trattato produsse l’eliminazione fisica di 846 missili americani e 1846 sovietici precedentemente dispiegati sul territorio europeo nel clima della Guerra Fredda tra i due Paesi.
Interessante notare come i media nostrani abbiano trattato il ritiro unilaterale americano dall’Inf come una semplice notizia di politica estera, nessuna sottolineatura o commento sul rischio di una sfrenata corsa agli armamenti sul suolo europeo che ormai sorpassa per gravità quella del secolo scorso, quando la corsa agli armamenti e la possibilità di un conflitto termonucleare, o l’inverno atomico o gli effetti sulla civiltà e sulla sopravvivenza del genere umano, erano trattati anche a scuola oltre che in servizi informativi approfonditi sulle conseguenze che avrebbe avuto sulla vita del nostro Paese un conflitto nucleare.
Non ci conforta chi scrive che incolpare Trump per la decisione di ritirarsi dal trattato non coglie il nodo essenziale, in quanto storicamente gli Stati Uniti hanno sempre stipulato trattati, solo quando hanno percepito un vantaggio derivante per gli Usa, non esitando a ritirarsi dai trattati quando il vantaggio iniziale non è più percepito. Conosciamo la storia patetica dei trattati e le molteplici tribù native americane, quasi tutti traditi senza eccezione, per non parlare del loro ritiro unilaterale dal Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), il cosiddetto accordo sul nucleare iraniano, la cui negoziazione era stata determinata solo tre anni prima.
Allarme lanciato dal segretario generale della Nato: “Un pericolo sono i missili russi”
Lancia l’allarme il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in una intervista al Corriere della Sera, a cura di Maurizio Caprara, tre giorni prima dell’ “incidente” del Mar d’Azov che getta benzina sulla già incandescente tensione con la Russia. “Non ci sono nuovi missili in Europa. Però missili russi sì”. Secondo Malnio Dinucci, geografo, autore de L’arte della guerra, il segretario generale della Nato ha taciuto due fatti.
Primo: a partire dal marzo 2020 gli Stati Uniti cominceranno a schierare in Italia, Germania, Belgio, Olanda (dove già sono schierate le bombe nucleari B-61), e probabilmente in altri Paesi europei, la prima bomba nucleare a guida di precisione del loro arsenale, la B61-12, in funzione principalmente anti-Russia. La nuova bomba è dotata di capacità penetrante per esplodere sottoterra, così da distruggere i bunker dei centri di comando in un first strike. Come reagirebbero gli Stati Uniti se la Russia schierasse bombe nucleari in Messico, a ridosso del loro territorio? Poiché l’Italia e gli altri Paesi, violando il Trattato di non-proliferazione, mettono a disposizione degli Usa basi, piloti e aerei per lo schieramento di armi nucleari, l’Europa sarà esposta a maggiore rischio quale prima linea del crescente confronto con la Russia.
Secondo: un nuovo sistema missilistico Usa è stato installato nel 2016 in Romania, e uno analogo è in corso di realizzazione in Polonia. Lo stesso sistema missilistico è installato su quattro navi da guerra che, dislocate dalla U.S. Navy nella base spagnola di Rota, incrociano nel Mar Nero e Mar Baltico a ridosso del territorio russo. Sia le installazioni terrestri che le navi sono dotate di lanciatori verticali Mk-41 della Lockheed Martin, i quali – specifica la stessa società costruttrice – possono lanciare “missili per tutte le missioni: sia SM-3 per la difesa contro i missili balistici, sia Tomahawk a lungo raggio per l‘attacco a obiettivi terrestri”. Questi ultimi possono essere armati anche con testata nucleare. Non potendo verificare quali missili vi siano realmente nei lanciatori avvicinati al territorio russo, Mosca dà per scontato che vi siano anche missili da attacco nucleare, in violazione del Trattato Inf che proibisce l’installazione di missili a gittata intermedia e corta con base a terra.
Grottesca infine l’affermazione di Stoltenberg che, attribuendo alla Russia “l’idea molto pericolosa di conflitti nucleari limitati”, avverte: “Tutte le armi atomiche sono rischiose, ma quelle che possono abbassare la soglia per il loro uso lo sono particolarmente”. È esattamente l’avvertimento lanciato da esperti militari e scienziati statunitensi a proposito delle B61-12 che stanno per essere schierate in Europa: “Armi nucleari di minore potenza e più precise aumentano la tentazione di usarle, perfino di usarle per primi invece che per rappresaglia”.
Chi vuole essere il bersaglio in Europa per le armi nucleari di medio raggio russe? Non i tedeschi
Berlino a Washington: non pensate nemmeno di piazzare missili nucleari in Europa dopo il ritiro dall’Inf. Il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha avvertito questa settimana che gli Stati Uniti non pensino a piazzare i suoi missili a raggio intermedio in Germania – o ovunque in Europa, se è per questo. Negli ultimi 30 anni, il trattato ha proibito il deposito di armi a raggio intermedio in Europa. Qualunque spinta al cambiamento quasi sicuramente verrà affrontata con “resistenza diffusa” in Germania, ha dichiarato Maas, in modo da evitare uno scenario in cui l’Europa si possa trovare nel bel mezzo di un tiro alla fune tra la Russia e gli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti accusano la Russia di costruire missili proibiti dal trattato Inf, mentre Mosca afferma che i sistemi di difesa missilistica americana già stazionati nell’Europa orientale possono facilmente essere convertiti in lanciatori di missili balistici offensivi. Ma il viceministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov, ha insinuato che l’“offerta finale” degli Stati Uniti è solo un pretesto per salvare la faccia, dato che Washington ha già informato il Cremlino che la decisione di ritirarsi è stata definitiva e non sarebbe stata annullata.
E gli italiani? Si uniranno alla ministra “canterina” della Difesa nell’intonare “C’era una ragazzo che come me…”, per dichiarare la loro contrarietà alla guerra o prenderanno altre iniziative concrete per non diventare il bersaglio dei missili russi e americani?
di Cristina Amoroso