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I bambini dello Stato Islamico educati killer con la dottrina dell’odio

di Cristina Amoroso

Bambini abusati, seviziati, usati come scudi umani o kamikaze, o vittime di abusi sessuali. Quante volte i mass media ci hanno proposto l’enorme problema che il Comitato dei diritti dei minori dell’Onu ha affrontato, condannando il reclutamento in Iraq da parte dei “gruppi armati”, in particolare dell’Isis, di un “alto numero di bambini”, compresi minori con disabilità. Non solo: i minori vengono anche brutalmente uccisi tramite crocifissione o sepolti vivi.

Accanto alla progressiva violazione delle più elementari leggi di guerra, c’è un elemento nuovo e inquietante. Oggi molti bambini sono anche esecutori di atrocità belliche. I bambini sono impiegati come combattenti in oltre tre quarti dei conflitti armati del mondo, in Africa, come in Asia, in Sud America. Non si tratta di giovani adolescenti ma di bambini anche di 6 anni.

E su questo grave problema i ricercatori di Quilliam, un think tank di Londra contro l’estremismo, hanno messo a fuoco i vari fenomeni legati al terrorismo.

Il Report, The children of Islamic State, marzo 2016, è stato approvato dalle Nazioni Unite e  pubblicato questa settimana  per l’assemblea. E’ stato compilato attraverso uno studio della propaganda con i bambini rilasciata dall’Isis e il collegamento con fonti attendibili all’interno del Califfato.

Il quadro che ne scaturisce è quello di un gruppo terroristico desideroso di arruolare bambini per contribuire a salvaguardare il suo futuro. Molti minori vengono addestrati come spie, predicatori, soldati, bombardieri, “carnefici” e suicidi.

Gli autori affermano: “L’organizzazione…  concentra un gran numero dei suoi sforzi sull’indottrinamento dei bambini attraverso un programma di formazione, basato sugli estremismi,  e favorendo loro di diventare futuri terroristi. L’attuale generazione di combattenti vede questi bambini come combattenti migliori e più letali di loro stessi, perché invece di essere convertiti nelle ideologie radicali sono stati indottrinati in questi valori estremi dalla nascita, o in età molto giovane”.

“L’obiettivo è quello di preparare una nuova generazione di “mujaheddin”, condizionata ed educata ad essere una futura risorsa per il gruppo”, aggiunge il rapporto. “L’area di maggiore preoccupazione sta nel fatto che lo Stato Islamico sta preparando il suo esercito per indottrinare i bambini nelle scuole e li educano alla violenza attraverso la testimonianza di esecuzioni pubbliche, la visione di video dello stato islamico in centri media e la fornitura ai bambini di armi giocattolo con cui giocare”.

I ricercatori per Quilliam hanno trovato che i bambini sono stati ampiamente utilizzati nella propaganda Isis – tra il 1° agosto dello scorso anno e il 9 febbraio di quest’anno hanno identificato un totale di 254 eventi o dichiarazioni con immagini di bambini – per contribuire a proiettare l’impressione di costruzione dello Stato.

Il ruolo dei bambini nel Califfato rappresenta – secondo i ricercatori – un culmine ed un’accelerazione di trend più ampi nel fenomeno dei bambini-soldato. “Il metodo di usare bambini, strategicamente e tecnicamente, da parte dello Stato e non come semplici attori è la chiave che definisce un fattore della guerra. Così è la brutalità con cui i bambini sono addestrati dai gruppi armati e la giovane età nella quale sono usati. Questo pone un problema, non solo da una prospettiva umanitaria, ma anche da un punto di vista strategico. I gruppi sono in grado di presentare una minaccia militare sproporzionata a causa del loro uso di bambini-soldato”.

Ad esempio, il Lord’s Resistance Army, gruppo ribelle di guerriglia ugandese, di matrice cristiana, attivo nel 1987, aveva soltanto 200 membri adulti di base, ma era in grado di proiettare il potere militare attraverso circa 12mila bambini rapiti. Di conseguenza, l’uso di bambini-soldati viola non solo le regole di ingaggio destinate a proteggere civili innocenti, ma spesso rende i conflitti più lunghi e mortali.

L’uso di bambini da parte dell’Isis rispecchia le pratiche dell’Impero Ottomano nell’Europa centrale, emulate da Abu Bakr al-Baghdadi. L ‘imperatore Ottomano Murad I (1326-1389), ad esempio, era in debito con i notabili turchi. Per contrastare la loro influenza, istituì il devscirme, o leva, per cui bambini cristiani di pochi anni venivano prelevati dalle loro case nelle province balcaniche e forzatamente convertiti all’islam, prima di iniziare la vita al servizio del sultano. I bambini erano schiavi e offrivano obbedienza totale al sultano. Il devscirme fornì le leve per i servizi amministrativi e civili.

Ma l’ispirazione all’Isis proviene anche dai “Futuwah” movimento paramilitare di adolescenti in funzione negli anni Settanta, in Iraq nel regime Ba’atista, o dai bambini di 10 ai 15 anni di Saddam, i Lion Cubs, addestrati anche per 14 ore al giorno.

Come molti altri, circa 50 bambini provenienti dal Regno Unito stanno crescendo in territorio controllato dallo Stato Islamico, con una stima di 30mila reclute straniere, tra cui più di 800 cittadini britannici, che si ritiene siano andati in Siria per combattere.

La gamma completa di atrocità che i bambini hanno sperimentato durante il loro tempo nello Stato islamico, quasi certamente avrà un impatto sul loro benessere fisico e mentale. Per tale motivo il Report riflettendo sulle misure politiche impiegate nel passato, valuta se le lezioni apprese possono essere applicate in programmi strutturati di riabilitazione dei bambini soldato.

Gli studiosi del Quilliam ritengono che l’attuale modello utilizzato dalle agenzie di protezione dell’infanzia – disarmo, smobilitazione, reintegrazione – non affronta sufficientemente l’indottrinamento religioso e politico utilizzato dall’Isis nella sua grande utopia dello Stato. Propongono quindi una loro strategia di aiuto, con la speranza che i bambini possano trovare un senso di appartenenza nella loro nuova comunità e  rafforzare un’identità individuale.            

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