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Il fallimento dei movimenti antimperialisti in Sud America

di Salvo Ardizzone

Il 4 marzo, l’ex presidente brasiliano Inacio Lula è stato prelevato all’alba dalla sua casa e interrogato per tre ore dalla polizia federale nell’ambito dell’inchiesta “Lava Jato”, lo scandalo con al centro la Petrobras, la società petrolifera di Stato che per anni ha elargito fondi neri e mazzette milionarie ai vertici del potere brasiliano. I giudici contestano a Lula grossi movimenti di somme su conti riferibili a lui da parte di cinque grandi imprese, le stesse coinvolte nella “Lava Jato”.

Da oltre due anni lo scandalo sta sconvolgendo la politica brasiliana, con l’arresto dei vertici del partito fondato da Lula, il Pt, a cui appartiene anche l’attuale presidente Wilma Rousseff, e dei massimi dirigenti delle più grandi imprese del Paese.

L’inchiesta ha già lambito la “Presidenta”, che ha rimosso il Ministro della Giustizia per tentare di parare i colpi delle indagini, determinando uno scontro frontale con i giudici. Lo stesso Lula, invece di difendersi dalle pesanti accuse di corruzione (si parla di conferenza pagate a 200mila dollari l’una da parte delle aziende beneficiate da discutibili scelte), ha attaccato violentemente la magistratura, politicizzando un’inchiesta che ormai da oltre un anno paralizza Esecutivo e Presidenza, con una sequela d’arresti e panni sporchi sciorinati al vento.

Una simile deriva sta scuotendo la società brasiliana, già provata da una crisi economica che ha fatto dimenticare gli enormi passi avanti compiuti dalle classi più disagiate durante i due mandati presidenziali di Lula.

Adesso, l’incapacità della Rousseff a dare risposte a un’economia in recessione (-3,6% nel 2015), un’inflazione galoppante, il crollo dei prezzi delle materie prime su cui s’è fatto lo sbaglio di puntare tutto, una corruzione dilagante e scandali a ripetizione fino ai più alti livelli, stanno facendo tremare il gigante del Sud America.

Ancora una volta gli errori e l’inadeguatezza della classe politica stanno regalando un altro Stato sudamericano – il più grande – al liberismo, peggio, all’imperialismo di Washington ed alla sua finanza e multinazionali.

Fa specie vedere un Continente che fino a poco tempo fa era quasi libero dalla nefasta influenza a Stelle e Strisce, ricadere pezzo a pezzo sotto quel dominio. Non si può liquidare il fenomeno con la semplice teoria dei complotti; la questione, purtroppo, sta nella mancanza di leader forti, di classi dirigenti preparate, di una solida piattaforma politica e di una capacità di gestione seria.

Brucia dirlo, ma leadership, movimenti e partiti antimperialisti nel tempo hanno in larga parte fallito, condannando un Continente alla sudditanza da cui si era appena affrancato. Lo Zio Sam si strofina le mani e ringrazia.

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