Base Usa in Siria con l’appoggio dei curdi
Le foto satellitari hanno confermato le dichiarazioni delle sedicenti Forze Democratiche siriane (Sdf), la sigla fantoccio messa in piedi da Washington con formazioni curde infarcite di qualche altro elemento raccogliticcio per accampare una rappresentatività inesistente: l’Ypg curdo ha messo a disposizione degli Usa l’aeroporto di Rmeilan, nell’estremo nord-est della Siria, proprio alla giunzione dei confini turco ed iracheno.
Nonostante la pronta smentita del Comando Centrale statunitense (Centcom), i satelliti hanno confermato i lavori d’ampliamento in corso da qualche settimana: la precedente pista da 700 metri viene implementata con un’altra lunga quasi il doppio.
A novembre Obama aveva deciso di schierare 50 Berretti Verdi in Siria, supportati da una task force aerea formata da velivoli d’attacco al suolo A-10, elicotteri Apache, droni armati e caccia F-15, ufficialmente “per coordinare lo sforzo contro l’Isis”. Adesso quell’annuncio prende corpo con l’allestimento di una base in Siria.
Il primo nucleo annunciato due mesi fa è stato solo l’avanguardia di un contingente di Special Forces per ora ancora appoggiato ad Incirlik, in Turchia, ma nelle prossime settimane dotato di un supporto aereo proprio dispiegato sulla base di Rmeilan. Nella realtà, dietro ai primi Berretti Verdi, è stato segnalato il 24° Special Tactis Squadron, formato da elementi della Delta Force e dei Seal.
Il motivo dello schieramento di queste forze nel territorio controllato dai curdi, proprio a ridosso del confine turco, ha ben poco a che vedere con l’Isis, che Washington s’è sempre guardata bene dal combattere seriamente, ed è lo stesso che ha spinto recentemente Ashton Carter, il Segretario della Difesa Usa, ad annunciare il prossimo invio di un massiccio contingente della 101^ Aviotrasportata e di Forze Speciali in Iraq.
La situazione sta evolvendo assai più rapidamente di quanto immaginato; soprattutto in Siria, le forze di Assad, con l’appoggio russo e delle milizie sciite, adesso possono ambire realmente a risolvere sul campo la questione, tagliando fuori tutti i maneggi e gli intrighi con cui a Vienna gli sponsor dei terroristi (leggi petromonarchie del Golfo, Turchia, Usa e Israele) pensavano di volgere a proprio favore la trattativa.
Di qui per Washington l’imperativo di essere sul campo con forze proprie, da un canto reclamando a sé il merito di combattere l’Isis, dall’altro spalleggiando un nuovo soggetto attraverso cui impedire la stabilizzazione di Siria ed Iraq: i curdi.
Non appena sedicenti “ribelli” e seguaci del “califfo” verranno spazzati via (e ormai non passerà troppo tempo), i curdi vorranno passare all’incasso vendendosi al miglior offerente. Gli Usa, grazie al potere sui media, li hanno fatti passare per baluardo contro le orde dell’Isis, quando stavano per essere spazzati via se non fosse intervenuto l’Iran ad aiutarli.
Spalleggiando ed incitando le loro pretese, Washington pensa di bloccare la stabilizzazione della Siria e dell’Iraq, sbarrando la strada ad una normalizzazione che la vedrebbe esclusa dall’area che va dai confini dell’Iran fino al Mediterraneo, e contrastando l’influenza che Teheran e Mosca si stanno guadagnando combattendo il terrorismo. Inoltre, con i curdi gli Usa pensano di avere un’arma con cui ricattare Erdogan per costringerlo a collaborare.
Ancora e sempre Washington punta a seminare discordia e guerre pur di mantenere il proprio potere. Ancora e sempre un imperialismo criminale e bugiardo gioca con i destini dei Popoli per il proprio interesse; ancora e sempre trova chi è pronto a farsi servo e a vendersi cinicamente.