Ucraina: nuova dottrina militare e adesione alla Nato
In contemporanea con la firma dell’accordo con Mosca per garantire a Kiev le forniture di gas per il prossimo inverno, il presidente Poroshenko ha posto la firma sulla nuova dottrina militare ucraina che vede la Russia come principale (se non unica) minaccia, e avvia il percorso per l’adesione alla Nato, abbandonando il gruppo dei Paesi non allineati (al momento circa 120 Nazioni) di cui faceva parte.
È l’ovvia conclusione di un percorso che solo chi era cieco o in malafede non poteva vedere fin dall’inizio: i finanziamenti e i vari “aiuti” Usa, l’attivismo di Victoria Nuland e compagnia, “l’impegno” delle varie Ong occidentali etero dirette, i Ministri scelti ed arruolati dal Dipartimento di Stato, avevano solo questo scopo, non certo di fare entrare l’Ucraina nella Ue, un ectoplasma di cui a nessuno importa.
Gli europei servono ad accodarsi alle sanzioni, a contribuire con i propri soldi, ad obbedire insomma agli ordini di Washington, il cui obiettivo è e rimane quello inaugurato da Bill Clinton, che si rimangiò le solenni promesse di Bush padre: spingere la Russia sempre più ad Est e dilatare indefinitamente la Nato, inglobando anche l’Ucraina. E se la Russia cerca di limitare i danni, tornando in Crimea e scavandosi un corridoio sul Mar Nero tramite i separatisti, è lei ad essere imperialista.
Mosca, che non è l’Urss, ha piuttosto una visione imperiale (che è altra cosa) e lo sta dimostrando puntando a Sud e a Oriente, dopo che sono state brutalmente rifiutate le sue offerte di collaborazione con l’Europa. Il suo impegno nel Mediterraneo difendendo Assad, la sintonia sempre più stretta con l’Iran, gli accordi che si moltiplicano con la Cina, la mano tesa alla Turchia sono fasi strettamente collegate di una strategia che porta frutti e tanti.
Agli Europei resta solo il conto da pagare per la sudditanza che s’ostinano a mantenere e finanziare.