Hillary Clinton, un “campione” per gli “everyday Americans”
Immagina che l’Europa sia stata governata da mio padre per due mandati di quattro anni l’uno. Sì certo, questo non è possibile perché l’Europa si regge in tutt’altra maniera, ma tu usa la fantasia e immagina che sia così. Poi, visto che la politica ti ha sempre interessato, ecco che hai deciso di candidarti anche tu e sei diventato presidente per otto anni. A questo punto, mi pareva impossibile riuscirci, ma mi sono proposto anch’io e, indovina un po’, hanno fatto fare due mandati anche a me. Questo vuol dire che per 24 anni, un Paese grande quanto un continente è stato governato ininterrottamente dalla tua e dalla mia famiglia. Non da due partiti, da due schieramenti, ma da due famiglie.
Tuttavia, dopo quasi cinque lustri di gestione ininterrotta del potere, ecco che un tale, che con le nostre famiglie non c’entra niente, si presenta e vince contro tua moglie. E’ stato un brutto colpo sapere che l’altalena del potere abbia smesso di oscillare tra noi e voi, con papà ci siamo dispiaciuti parecchio. Ma nessun problema, riprendiamo subito: quest’anno, alla carica di presidente, si ricandida tua moglie.
Se la Senatrice Hillary Clinton dovesse vincere la Convention dei Democratici e raggiungesse la Casa Bianca come Presidente degli Stati Uniti d’America, il tuo sforzo di immaginazione sarà superato dalla realtà e la dinastia binaria dei Bush-Clinton potrà aggiungere un altro mattone alla costruzione del loro mausoleo.
Chissà cosa passerà per la mente a tutta quella gente in Medio Oriente, in Africa, Sud America e in ogni altro luogo in cui gli Usa hanno avuto la premura di esportare la democrazia a suon di cannonate. Di certo non glielo avevano spiegato così il funzionamento del governo del popolo, dato che, al lato pratico, assomiglia un po’ troppo a quello che già avevano senza bisogno di fare tante macerie e spargere tutto quel sangue.
Hillary Diane Rodham, che ha pensato bene di “correre” con la casacca del marito tanto da presentarsi con il suo cognome da sposata, sarà di fatto la prima donna ad avere una qualche possibilità di diventare presidente, in un Paese in cui ha più probabilità di essere eletto un africano, che una donna. Certo arrivare allo studio ovale non sarà una corsetta proforma, sopratutto se i Repubblicani si decideranno a fare sul serio e le opporranno un candidato realmente spendibile. Per ora, manco a dirlo, la controparte della Clinton è uno dei tanti Bush: questa volta è il turno di Jeb.
Ma le cose non saranno una passeggiata soprattutto perché, nonostante gli sforzi del suo team, è difficile immaginare che un pezzo di establishment, una insider di lungo corso come la Clinton, riesca a farsi passare come una donna qualunque, come un politico fresco capace di traghettare l’America verso un futuro realmente innovativo.
Paradossalmente i suoi problemi attuali nascono dalle sue fortune passate. Lei è una delle donne più influenti al mondo, detentrice di un considerevole patrimonio personale (la Clinton Foundation ha oltre due miliardi di dollari in cassa), da decenni dentro le stanze del potere a Washington, da First Lady a Segretario di Stato durante il primo mandato di Obama, fino al seggio di senatrice dello Stato di New York.
E allora che fare? Per ora la sua campagna per le primarie democratiche parte volutamente sottotono, ci si limita allo storico e rassicurante populismo democratico, ben rappresentato dal video con cui la senatrice ha fatto sapere al mondo che si è buttata alle spalle la sconfitta alle primarie del 2008 e che ci tiene davvero a essere “quel campione” di cui, a suo dire, ha bisogno l’America.
I protagonisti del video sono gli “everyday Americans”, gli americani comuni, quelli di tutti i giorni. Questa parrebbe essere la ricetta per mascherare lo strapotere e la ricchezza della Clinton, questa la strategia per riuscire a farla apparire come la nonnina della porta accanto, che ha tanto a cuore i diritti degli americani medi, neri e omosessuali compresi. Il filmato dura due minuti e mezzo e si vedono un sacco di persone con tanta voglia di fare: chi vuole aprire un ristorante, chi vuole fare i piani per la pensione, chi si trasferisce per permettere alla figlia di frequentare una scuola migliore, chi da omosessuale vuole fare il suo matrimonio e c’è perfino una che vuole fare il presidente degli Stati Uniti.
Le primarie dei democratici, dall’esito quasi scontato, porteranno la senatrice Hillary Clinton a vedersela con la controparte repubblicana. Qui l’esito potrebbe essere molto meno prevedibile e la corsa verso la presidenza della ex First Lady potrebbe sfumare per la seconda e ultima volta.
Basterebbe semplicemente che i repubblicani calassero il loro asso nella manica. Di sette anni più giovane, donna anche lei, per di più di colore (che certo non guasta), più preparata e sicura nel ricoprire l’incarico di Segretario di Stato e dal solido e indiscusso prestigio internazionale. Per mettere un po’ di brio alle ambizioni da studio ovale della senatrice di New York, basterebbe, ed è un’eventualità tutt’altro che scontata, che alla “corsa” prendesse parte anche Condoleezza Rice.
A quel punto la Clinton dovrà trasformarsi davvero in “un campione” e il giochino degli everyday Americans finirebbe rapidamente in soffitta.