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Yemen: il regime saudita propone una tregua “umanitaria” per mascherare una rovinosa sconfitta

di Salvo Ardizzone

Il ministro degli Esteri saudita, Adel al-Jubeir, durante una conferenza stampa congiunta con il Segretario di Stato Usa John Kerry in visita a Riyadh, ha annunciato un piano per un cessate il fuoco con lo Yemen; il Ministro non ha però fornito una data precisa di quella che ha definito “pausa umanitaria” dei raid indiscriminati che vengono condotti essenzialmente contro obiettivi civili.

Kerry ha dato pieno appoggio all’iniziativa (evidentemente concordata con lui nel corso della visita), sottolineando che la “tregua umanitaria” comporterebbe uno stop ad attacchi e a movimenti di truppe da entrambe le parti; ha tuttavia continuato dicendo che i dettagli dell’iniziativa non sono ancora definiti e che le parti ne dovrebbero discutere venerdì a Parigi.

L’improvvisa sortita dei sauditi, che parlano ora di “tregua umanitaria” dopo aver condotto raid terroristici sui civili ed aver sistematicamente impedito l’arrivo di aiuti alla popolazione ed ai feriti, oltre ad essere manifestamente ipocrita è sospetta.

Il bilancio dell’aggressione scatenata proditoriamente il 26 marzo è sempre più fallimentare: non solo non ha ottenuto nessuno dei risultati sperati, ma ha cementato il Popolo yemenita attorno ad Ansarullah, suscitando la generale resistenza contro i sauditi e i loro alleati; inoltre, mentre gli Houthi continuano a guadagnare terreno, eliminando le bande qaediste manovrate da Riyadh da sempre nuove aree del Paese, la reazione delle tribù e dello stesso Esercito yemenita contro gli aggressori acquista di giorno in giorno vigore.

Nelle zone di confine di Najran e Jazan gli attacchi contro postazioni dell’Esercito saudita si moltiplicano con perdite sempre maggiori e prigionieri; diversi aerei ed elicotteri sono stati abbattuti nel corso dei raid e, qualche giorno fa, ad Aden, è stato respinto un attacco della marina di Riyadh con numerose perdite e addirittura la cattura di una nave con l’intero equipaggio.

Alla luce dei fatti, è chiaro che la monarchia Saud non sa più come districarsi dal vicolo cieco in cui s’è cacciata e vuole prendere tempo per trovare una soluzione; la proposta di una tregua è un evidente pretesto per intavolare trattative, ma maschera malamente l’ammissione d’un completo fallimento. È altrettanto chiaro che la visita di Kerry abbia avuto al centro la crisi suscitata dai sauditi e il modo per venirne fuori.

È tuttavia difficile che il pesantissimo prezzo di sangue, sofferenze e distruzioni imposto al Popolo yemenita possa essere archiviato con la firma d’un accordo: l’attacco scatenato dai governanti sauditi con un colpo di testa irresponsabile all’indomani della fuga del presidente-fantoccio Hadi e il definitivo successo degli Houthi, ha aperto una resa dei conti che potrà concludersi solo con la presa d’atto d’una rovinosa sconfitta e il drastico ridimensionamento del ruolo di Riyadh nel Medio Oriente.

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