Svizzera. Richiedenti asilo ospitati in bunker sotterranei
Dopo la fuga da regimi repressivi, dopo aver rischiato la vita per raggiungere la Svizzera, l’ultimo posto dove i richiedenti asilo immaginano di finire è un bunker anti-atomico sotterraneo. Si tratta di un’iniziativa drastica, sempre più comune compiuta da Cantoni svizzeri sovraccaricati.
Il numero di nuovi richiedenti asilo in Svizzera tra gennaio e settembre 2014 si attesta in 18.103 unità; tra questi, 5.721 eritrei, che sono il gruppo più numeroso, in rapporto ai siriani (3.059) e ai provenienti dallo Sri Lanka (845). Dall’inizio di gennaio alla fine di settembre, 140mila migranti hanno raggiunto l’Italia meridionale in barca, la maggior parte arrivano dalla Libia. La metà è venuta sia dall’Eritrea e dalla Siria, a fronte dei 43mila per tutto il 2013.
Qualche giorno fa sulla riva del lago di Ginevra, circa 200 persone, tenendo torce accese, si sono fatte strada in corteo attraverso il centro di Losanna, bloccando il traffico tra lo stupore di passanti, con canti di sfida, “Stop bunker! Abbiamo bisogno di aria fresca”. Alla testa del corteo uno striscione “Non siamo in guerra. Non ci ospiterete nei bunker”.
Sono un gruppo di richiedenti asilo con sede nel Canton Vaud dal mese di agosto, sostenuti da una mezza dozzina di associazioni svizzere, scesi in lotta per migliorare le condizioni di vita nelle loro “nuove case”, rifugi antiatomici sotterranei convertiti in abitazioni, sparsi in tutta la regione.
Sono oltre 400 i richiedenti asilo alloggiati in otto rifugi sotterranei gestiti dall’Etablissement vaudois d’accueil des migrants (Evam), un ente di diritto pubblico del Canton Vaud che si occupa dell’accoglienza e dell’assistenza ai rifugiati. In ogni rifugio dormono dai 50 ai 60 migranti, stipati in un unico dormitorio senza finestre e con limitate possibilità di privacy. Ogni mattina alle 10 devono lasciare il bunker e possono tornare solo la sera. Il periodo di soggiorno medio varia da pochi mesi a un anno.
In simili condizioni, la salute fisica e mentale dei richiedenti asilo si deteriora, affermano le Ong che sostengono la loro protesta. Esausti per le condizioni di vita, i protestatari chiedono di essere trasferiti in alloggi sopra il livello del terreno. Il gruppo chiede che a breve termine i rifugi siano aperti 24 ore al giorno, rivendica anche l’accesso ad una cucina e la riduzione del numero di persone alloggiate in ogni bunker. Dicono che le loro richieste, rivolte in forma scritta al presidente del governo cantonale e ai dirigenti dell’Evam, non hanno avuto un grande impatto, mentre Pierre-Yves Maillard, il presidente socialista del governo del Canton Vaud afferma che l’esecutivo è “consapevole di queste richieste e le prende sul serio”. Un dibattito sul tema nel parlamento cantonale è imminente.
In Svizzera le autorità federali sono responsabili della procedura d’asilo, ma la sua applicazione pratica, e quindi anche la sorveglianza su questioni come l’alloggio, spetta alle 26 autorità cantonali, che godono di ampia autonomia. I dettagli dell’assistenza ai richiedenti asilo non sono definiti dalla legge. L’articolo 12 della Costituzione federale afferma che: “Chi è nel bisogno e non è in grado di provvedere a se stesso ha diritto d’essere aiutato e assistito e di ricevere i mezzi indispensabili per un’esistenza dignitosa”.
Con otto rifugi in funzione e altri potenzialmente in attesa di essere occupati, Vaud è il Cantone che fa maggior uso dei bunker. Ginevra di recente ha destinato un secondo rifugio ai richiedenti asilo, il Canton Berna ne ha cinque, il Canton Neuchâtel due e il Canton Friburgo uno.
L’avvocato losannese Jean-Michel Dolivo, che sostiene i dimostranti e che ha inoltrato una domanda ufficiale sulla questione al parlamento vodese, ritiene che l’uso dei bunker sia sintomatico di un generale inasprimento della prassi d’asilo. “Lo scopo della politica d’asilo svizzera non è di accogliere le persone che cercano rifugio da noi, ma di rimandarle indietro il più presto possibile. Se vivono in cattive condizioni, la pressione perché se ne vadano aumenta”, osserva.
L’Evam afferma di essere costantemente alla ricerca di soluzioni per gli alloggi, ma sfortunatamente rimane difficile trovare edifici vuoti, appartamenti sfitti o terreno edificabile e quindi non rimane altra scelta che usare anche i rifugi antiatomici. “Ogni volta che proponiamo ai comuni di costruire sul loro territorio strutture d’accoglienza per i richiedenti asilo, la popolazione locale si oppone”.
“Non siamo talpe. Abbiamo bisogno di aria fresca e di luce. Gli esseri umani non sono fatti per vivere nel sottosuolo”, osserva Beat Meiner, segretario generale dell’Organizzazione Svizzera di aiuto ai rifugiati (Osar), che rimane tuttavia critico rispetto all’ampio ricorso ai bunker, “Se i rifugi possono essere una soluzione momentanea per gli adulti la cui richiesta di asilo è stata respinta, sono totalmente inaccettabili per i richiedenti asilo”.