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Ogni anno in Brasile migliaia di persone restano uccise dalla violenza della polizia

di Salvo Ardizzone

Secondo quanto pubblicato da numerose Ong brasiliane, la polizia militare ha ucciso una media di 45 persone al mese negli ultimi 18 anni nella sola città di S. Paolo; nel periodo 2008–2013, le cosiddette “esecuzioni extra giudiziarie” di quella città hanno superato quelle dell’intero Sud Africa (ed è tutto dire!); nell’intero Paese, si viaggia ad una media di circa 2mila omicidi polizieschi all’anno.

L’attenzione che i media internazionali hanno giustamente dedicato alla morte di Michael Brown, ucciso dalla polizia a Ferguson, nel Missouri, è impensabile in Brasile, dove episodi simili sono ricorrenti nell’indifferenza di stampa, televisioni e radio, nella maggior parte dei casi schierate apertamente con le posizioni più conservatrici e repressive. L’informazione che rende conto dei sanguinosi abusi delle forze di sicurezza, è affidata per lo più al coraggio di blogger che sfidano censura e violenze, fino all’eliminazione fisica in alcuni casi documentati.

In Brasile la criminalità comune uccide una media di circa 50mila persone all’anno; in molte città, soprattutto in alcune aree di esse, la situazione della sicurezza è completamente fuori controllo e vasta parte della popolazione più agiata reagisce affidandosi alle “tropas especiales” e a vigilantes, per tener lontani dai loro quartieri privilegiati gli excluidos, gli emarginati; in genere afro-brasiliani, facile preda della criminalità che offre loro l’unica via d’uscita dalla miseria.

Le ultime elezioni hanno portato in parlamento un’ondata di ufficiali dell’esercito schierati per la pena di morte, pastori evangelisti omofobi e anti abortisti, latifondisti promotori dell’abrogazione di leggi in difesa dell’ambiente e dei diritti degli indios; è una miscela micidiale che, in nome d’un ipocrita perbenismo dichiarato, sostiene le peggiori violenze e soprusi contro la parte più debole della società, piegata dal fallimento di molte delle politiche post Lula, che hanno bloccato la crescita del colosso sud americano.           

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