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Andreotti il filo-arabo, inviso oltreoceano (I parte)

«A parte le guerre puniche, mi viene attribuito veramente tutto». Con queste parole Giulio Andreotti, a margine del suo lungo calvario giudiziario, neutralizzò il tentativo di quei cronisti che provavano a incalzare la sua celebre imperturbabilità. L’ironia e la compostezza, del resto, non mancarono mai al Divo Giulio, neanche nei momenti più difficili della sua lunghissima vita politica. Erano la sua caratteristica, un’impronta che gli ha fatto scalare precocemente, già da vivo, l’esclusivo sentiero che dalla storia giunge al mito. Ma quell’aura serafica che contornava un uomo d’altri tempi e quelle battute sferzanti sono sempre stati il peggiore assillo dei suoi (tanti) detrattori. I quali, notoriamente, in quanto protesi alla demolizione del loro bersaglio, si crogiolano della reazione arruffata, sintomo di malessere, e si crucciano delle risposte sarcastiche e serene, segno di arguzia e superiorità.

Ora che Andreotti se n’è andato, alla veneranda età di 94 anni, i sospetti, le accuse, finanche gli insulti fanno il paio con il lutto istituzionale. La Rete in queste ore è un trionfo di sberleffi, un anonimo mare magnum mosso da ondate di frustrati attacchi che colpiscono – senza discernere tra il vero, il falso e il presunto – l’Andreotti politico e anche l’Andreotti uomo. Quell’assillo dei detrattori si sfoga dando vita a un macabro ballo virtuale sulla sua (non ancora pronta) tomba.

Le voci fuori dal coro di cordoglio, tuttavia, trasmodano il web e arrivano sino all’interno del consesso politico-istituzionale. A Palazzo Madama, per esempio, dai banchi dei senatori grillini si è levato qualche brusio atto a “disturbare” il minuto di silenzio. Parole di critica nei confronti del sette volte presidente del Consiglio arrivano poi dai vari magistrati “prestati” alla politica, ossia i “manettari” Ingroia, De Magistris, Di Pietro.

Già, proprio quell’Antonio Di Pietro, “mastino” in toga dei politici italiani durante Mani pulite, che ha avuto in quegli stessi anni un rapporto assai privilegiato con i servizi segreti americani (1). Si è detto e scritto molto circa quei contatti tra il magistrato molisano e la Cia, in molti si sono convinti che la regia occulta di Washington dietro i processi che annientarono la Prima Repubblica fosse più che una semplice insinuazione.

Ma quale interesse avrebbero avuto gli Usa a smantellare un’intera classe politica italiana? La risposta, pur nella sua complessità, potrebbe essere sintetizzata in un ipotetico titolo di un film: Sigonella 1985. Un episodio di politica estera che riassume una stagione in cui la naturale propensione italiana verso il mondo arabo venne fatta prevalere sull’impegno incondizionato nell’alleanza atlantica. I protagonisti furono quei governanti, Bettino Craxi e Giulio Andreotti su tutti, che qualche anno più in là finirono nel tritacarne giudiziario.

di Federico Cenci

(continua)

(1)http://www.ilgiornale.it/news/usa-007-e-seychelles-lato-oscuro-pietro.html

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