Censura militare: ecco come funziona

Il Dipartimento di gestione della censura militare di Israele, che opera sotto la direzione dell’intelligence dell’Idf, svolge un ruolo centrale nel nascondere le perdite subite da Israele durante le guerre e i conflitti militari e nel dettare la narrazione militare israeliana, attraverso il controllo delle informazioni riguardanti le perdite di Israele e del suo esercito.
L’autorità legale e il quadro organizzativo della censura militare in Israele, insieme al suo coordinamento con i media israeliani e stranieri, consentono di ritardare o addirittura impedire la pubblicazione di dettagli sensibili, sia in tempo di guerra che di pace.
Ciò è accaduto molte volte nei conflitti di Israele degli ultimi decenni, l’ultimo dei quali è avvenuto durante l’operazione “True Promise 3”, quando è stata impedita la divulgazione di molti eventi che indicavano perdite militari e per la sicurezza di Israele, e il contenuto della pubblicazione è stato limitato con la dicitura: “Autorizzata per la pubblicazione”.
Caratteristiche principali di questa Unità e come riesce a nascondere le perdite subite da Israele
- Le radici della censura militare affondano nei primi anni dello Stato di Israele, nel 1948. Fu modellata sulle strutture di censura del governo coloniale britannico, la cui funzione era quella di reprimere il sentimento anti-britannico e proteggere le operazioni militari. Da allora, la censura è stata integrata nella Direzione Intelligence dell’Idf.
- Il censore militare è un alto ufficiale di grado di generale di brigata, solitamente con esperienza in ambito legale o di intelligence, che risponde al capo del Dipartimento di intelligence. È autorizzato ad approvare o respingere contenuti mediatici relativi alla sicurezza nazionale e a questioni militari. L’attuale censore è il generale di brigata Kobi Mendelevich.
- L’Ufficio di Censura comprende team dedicati che esaminano i contenuti di giornali, libri, social media e persino articoli stranieri. Sebbene non sia un organismo segreto, la censura opera in totale assenza di trasparenza e detiene “l’autorità legale” che impone ai media di sottoporre i materiali a revisione prima della pubblicazione.
L’accordo informale ma vincolante tra il governo israeliano e il Comitato Editoriale – un organismo che riunisce i direttori dei principali organi di stampa – definisce il rapporto tra questi e la censura. In base a questo accordo, i giornalisti sono tenuti a sottoporre alla censura qualsiasi contenuto che possa compromettere la sicurezza dello Stato prima della sua pubblicazione.
Il presente accordo conferisce al censore ampi poteri per ritardare o impedire la pubblicazione di:
- Ubicazione e movimento delle forze dell’Idf.
- Perdite israeliane durante le operazioni militari.
- Valutazioni della prontezza militare e dell’intelligence.
- Informazioni sensibili su strutture strategiche o tecnologie militari.
- Dettagli di operazioni segrete o trattative sulla sicurezza.
Censura militare e controllo numero vittime
Uno degli aspetti critici della censura è il controllo della comunicazione delle vittime. In tempo di guerra, il numero e i nomi dei caduti o feriti nell’Idf sono una questione estremamente delicata. I censori di solito ritardano o impediscono tale pubblicazione finché le famiglie non ne siano state informate, ma soprattutto finché non venga elaborata una narrazione strategica.
Ad esempio, durante la seconda guerra del Libano nel 2006, i resoconti delle perdite di carri armati e delle numerose vittime nelle battaglie di Bint Jbeil e Maron a-Ras furono censurati o taciuti. L’entità delle perdite fu rivelata al pubblico solo in seguito a un audit interno e al rapporto della Commissione Winograd.
Durante l’Operazione Margine Protettivo del 2014, le Idf subirono pesanti perdite in battaglie terrestri, soprattutto negli agguati di Hamas a Shajaiyya e Khaza’a. La censura lavorò con vigore per impedire la copertura diretta, consentendo solo annunci ufficiali e filtrati sui principali media israeliani.
Durante l’operazione “Al-Aqsa Flood“, la censura ha imposto un “blackout mediatico” su determinati eventi, come l’abbattimento di droni, la distruzione di veicoli blindati o la morte di soldati e ufficiali di unità d’élite nel Libano meridionale e nella Striscia di Gaza, con giustificazioni di sicurezza e morali.
Pubblicazione perdite mette in luce debolezze
Le Idf sostengono che la pubblicazione immediata delle perdite potrebbe compromettere le operazioni in corso, mettere in luce debolezze e danneggiare la fiducia del pubblico.
L’ascesa dei social media, delle app crittografate e dei resoconti della stampa estera pone una nuova sfida alla censura. Video e fughe di notizie sulle vittime israeliane o sui danni causati a Israele da attacchi missilistici vengono spesso diffusi, anche prima di essere rimossi.
Di conseguenza, i censori hanno ampliato i loro team di sorveglianza online, collaborando con “influencer israeliani” sui social media per limitarne la distribuzione. Hanno anche contattato piattaforme come Meta e Google attraverso canali non ufficiali per rimuovere contenuti, sostenendo di “combattere il terrorismo”.
di Redazione