Siria cimitero dei sogni di Erdogan

Negli ultimi anni, la cooperazione trilaterale tra Turchia, Israele e Stati Uniti in Siria si è basata principalmente sull’obiettivo di indebolire il governo siriano guidato da Bashar al-Assad, contrastare l’Asse della Resistenza e contenere l’influenza regionale dell’Iran. Tuttavia, con il cambiamento di rotta conseguente alla caduta di al-Assad, i divari strategici tra questi attori si sono ampliati. Le divergenze sulla spartizione dell’influenza nella futura Siria, in particolare tra Ankara e Tel Aviv, hanno raggiunto il loro apice e hanno portato all’inasprimento del confronto militare.
Fine della breve collaborazione e inizio del capitolo concorrenziale
I recenti attacchi israeliani contro la Siria su presunti siti che la Turchia avrebbe scelto per costruire basi militari, hanno segnato la fine della cooperazione segreta tra questi due attori e l’inizio di una nuova fase di competizione per la sicurezza.
Prendendo di mira gli aeroporti militari T4 e Hama, dove erano stati inviati consiglieri militari turchi per pianificare la loro conversione in basi aeree, il regime israeliano ha trasmesso un messaggio chiaro ad Ankara: non permetteremo un rafforzamento militare turco nella Siria centrale.
Il Ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha commentato i piani turchi, affermando che sta cercando di “trasformare la Siria in un protettorato turco”. Ha accusato Ankara di svolgere un “ruolo negativo” in Siria, Libano e altre regioni. Questo tono ammonitore del funzionario israeliano arriva dopo che il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha recentemente inviato il suo principale consigliere militare a Mosca per discutere degli sviluppi in Siria. Il viaggio, secondo quanto riportato dai media, si basava sulle preoccupazioni israeliane riguardo alla crescente cooperazione militare tra la Turchia e il nuovo governo siriano guidato da Abu Mohammad al-Jolani (Ahmad al-Sharaa).
La Turchia sta cercando di ampliare la propria influenza in Siria in vari modi, il più importante dei quali è la sicurezza e la presenza militare attraverso accordi con i nuovi governanti di Damasco e creando influenza sulle forze militari siriane tramite consiglieri militari che supervisioneranno la nuova formazione dell’esercito siriano.
In precedenza, organi di stampa israeliani come Yedioth Aharonot avevano riferito che il progetto di cooperazione militare tra Ankara e Damasco prevedeva l’equipaggiamento di Hayat Tahrir al-Sham (HTS) con droni da combattimento, radar, sistemi di guerra elettronica e sistemi di difesa aerea e, inoltre, l’istituzione di basi militari turche sul suolo siriano, dove potrebbero essere stazionati aerei da attacco.
Turchia avvia presenza militare in Siria
Nell’ambito di questi sforzi, la Turchia ha recentemente inviato equipaggiamenti militari ed esperti in diverse regioni della Siria, tra cui Homs e Palmira, per preparare la costruzione di basi militari dotate di armi avanzate di vario tipo. L’aeroporto T4 è stato tra i siti più importanti presi in considerazione per l’istituzione di una base aerea turca sul suolo siriano.
Questa misura, adottata allo scopo di stabilire una presenza militare turca nella futura Siria, è un passo fondamentale per una forte presenza economica nella ricostruzione della Siria attraverso le aziende turche e per iniziare a beneficiare delle opportunità e delle risorse che la Siria può offrire alla Turchia.
Inoltre, non bisogna dimenticare che la Turchia, in fondo, nutre ambizioni territoriali su vaste zone del nord della Siria. Considera Aleppo un territorio turco e, ancor prima della caduta di al-Assad, Ankara aveva chiesto una zona cuscinetto profonda 30 chilometri all’interno della Siria.
Qual è il sogno israeliano per la Siria e la Turchia?
Nonostante tutte le preoccupazioni israeliane sulla presenza militare turca in Siria, c’è una sorta di esagerazione nelle posizioni dei media e dei funzionari israeliani sulle cosiddette minacce derivanti dall’influenza turca in Siria e persino da al-Jolani contro Israele, che viene vista come una giustificazione per Tel Aviv e Washington per pugnalare Ankara alle spalle e trasformare la Siria nel cimitero dei sogni di Erdogan.
In primo luogo, è assolutamente chiaro ed evidente che i militanti siriani, guidati da HTS, non hanno rappresentato alcuna minaccia per Israele dopo aver preso il controllo di Damasco. Anche quando l’esercito israeliano ha distrutto l’intera infrastruttura militare e logistica dell’ex esercito siriano ed è avanzato a meno di 20 chilometri da Damasco, i militanti non hanno intrapreso alcuna azione militare per contrastare l’occupazione israeliana. Completamente incredulo nei confronti di tutti, al-Jolani ha affermato che la Siria non avrebbe rappresentato alcuna minaccia per Israele, attenuando le preoccupazioni di Netanyahu sulla nuova Siria.
D’altro canto, mentre diversi resoconti dei media hanno parlato dell’intenzione turca di istituire basi militari nella Siria centrale, la questione non è stata annunciata ufficialmente da Ankara e, perfino dopo il bombardamento israeliano delle basi, il ministero degli Esteri turco, in una dichiarazione ampiamente conservatrice, ha parlato di impegno verso approcci diplomatici, dimostrando che Ankara non ha alcuna intenzione di ricambiare la prepotenza militare israeliana e le azioni contro i suoi interessi in Siria.
Turchia non vuole confronti con Israele
Il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha dichiarato venerdì a Reuters che la Turchia non vuole alcun confronto con Israele in Siria. La dichiarazione del ministero degli Esteri turco, senza menzionare l’intenzione di Ankara di stabilire basi in Siria, soprattutto negli aeroporti militari, si è limitata ad affermare che gli attacchi israeliani in Siria sono stati condotti “senza alcuna provocazione”.
La Turchia è uno dei pochi Paesi islamici che intrattiene relazioni diplomatiche formali con il regime israeliano, e le relazioni economiche tra le due parti continuano a essere solide anche al culmine delle tensioni politiche. Le posizioni del governo Erdogan a sostegno dei palestinesi si basano principalmente su un tiro alla fune per rafforzare l’influenza della Turchia nel mondo arabo e non hanno mai portato a un effettivo sostegno militare ai palestinesi, né tantomeno a una minaccia diretta a Israele.
Anche durante le guerre di Gaza, compresa quella attuale, la Turchia, in collaborazione con l’Azerbaigian, ha sfruttato il boicottaggio internazionale di Israele per aumentare la propria quota di mercato nel mercato israeliano, in particolare nel mercato petrolifero. La Turchia è il principale mercato per le armi israeliane e, oltre a una stretta collaborazione in ambito di intelligence, modernizza i propri aerei da guerra e carri armati in Israele.
Ha addirittura formalmente condannato, durante un vertice della NATO, l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre, che ha rappresentato la più grande sconfitta di Israele e il più grande successo palestinese in otto decenni di lotta contro l’occupazione.
Stabilità siriana e regionale di fronte a sfide complesse
Pertanto, gli attacchi israeliani degli ultimi giorni vanno ben oltre l’eliminazione delle minacce poste dalla presenza militare della Turchia sul suolo siriano o dal nuovo cosiddetto governo di Damasco. Piuttosto, con l’avanzata militare nella strategica Siria sudoccidentale, Israele sta rapidamente perseguendo il suo progetto, con l’aiuto degli Stati Uniti, di una nuova Siria smilitarizzata e divisa in piccoli Stati settari ed etnici. A questo proposito, i funzionari israeliani hanno recentemente parlato apertamente della necessità di formare federazioni e cantoni in Siria.
Il silenzio sul massacro degli alawiti da parte delle forze HTS sulla costa occidentale della Siria, che rappresenta anche una minaccia per milioni di persone appartenenti alla comunità alawita in Turchia, e d’altro canto il sostegno alla comunità drusa e ai curdi sostenuti dagli Stati Uniti, non fa altro che trasformare la Siria in una palude di minacce contro la Turchia, anche se Tel Aviv parla apertamente dei pericoli posti dall’esercito turco e dell’aumento dell’influenza in Siria.
Ora la competizione turco-israeliana in Siria è entrata in una nuova fase. Mentre Ankara cerca di consolidare la propria presenza militare e politica, Israele, attraverso i suoi attacchi aerei, cerca di impedire che la situazione si ribalti a suo discapito. Questo confronto metterà la stabilità siriana e le relazioni regionali di fronte a sfide complesse.
di Redazione