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Migranti in Albania, appalti selvaggi senza gara


Delocalizzare in Albania gli arrivi dei migranti è stato uno degli spot principali del governo Meloni, all’indomani della strage di Cutro e della catastrofica conferenza stampa che ne seguì. I centri di detenzione per i migranti in Albania sono stati venduti alla pubblica opinione come la soluzione all’invasione, spauracchio dei governi sovranisti di ogni colore. Le foto della Meloni e del premier albanese Edi Rami hanno fatto il giro delle televisioni.

Migranti in Albania, buco nero dei costi

Si tratta di centri gestiti dall’Italia in territorio albanese, i “campi” nasceranno nella zona di Gjader e Shengjin. Quello che è emerso sino ad ora è che si tratta di centri pericolosi per il rispetto dei diritti umani e per le casse pubbliche, perché stando alla documentazione disponibile si tratta di contratti in affidamento diretto con procedure inusuali per chi maneggia commesse pubbliche di una certa importanza.

Appalti assegnati senza gara a partire da fine marzo sino a settembre, affidamenti diretti che sommati ammontano ad oltre 60 milioni di euro. Questo denaro risulta essere gestito dal ministero della Difesa tramite l’articolo “SegreDifesa.” La caccia alle aziende, anche albanesi, per la realizzazione del progetto Meloni è iniziata ad aprile. I primi due affidamenti portano la data del 15 aprile 2024: si tratta di moduli prefabbricati da alloggiare nelle zone di Gjader e Shengjin per una spesa totale di 25 milioni di euro, affidati senza gara a quattro aziende diverse.

Pioggia di milioni

A Gjader è stata realizzata la struttura di trattenimento vero e proprio, eretta su di una ex base militare abbandonata. Da qui i migranti, in  bus, verranno spediti all’hotspot di Shengjin che dista mezz’ora di strada. Se per Shengjin tutto è filato liscio, la stessa cosa non si può dire per Gjader, visto che la zona è stata bonificata al costo di dieci milioni di euro. Chi è la fortunata azienda? Non è dato saperlo.

Restano misteriose anche le aziende alla quale sono stati appaltati i lavori di realizzazione degli scavi per un ammontare di sette milioni di euro. Impianti speciali e opere in calcestruzzo appaltati a due aziende per 12 milioni di euro. Impianti idrici e fognari 9milioni di euro. Tutti i costi superano la fatidica soglia dei 550mila euro, quindi, andrebbe indetta una gara.

La manovalanza dei cantieri è per lo più kossovara e albanese. Inoltre, vi è anche la poca trasparenza sulle aziende scelte sul territorio perché non esiste un elenco pubblico, come se non vigesse la normativa sulla trasparenza in obbligo nel nostro Paese, visto che in tutto ciò si lavora in extraterritorialità.

Fare presto, fare subito

Le gare avrebbero comportato una perdita di tempo intollerabile, gli affidamenti si sono resi necessari per i tempi ristretti, ma è proprio per aver affidato tutto al Ministero della Difesa che si è reso possibile tutto ciò, perché i centri di permanenza sono stati trattati come se fossero “opere destinate alla difesa e alla sicurezza della nazione”, ossia come se fossero basi navali e missilistiche. Chi può indagare sui sessanta milioni di euro? Lo potrebbe fare il Copasir ma a certe condizioni, ossia se dovessero nascere problemi relativi alla sicurezza nazionale.

di Sebastiano Lo Monaco

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