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Aiuti per Gaza e le tante promesse non mantenute

di Manuela Comito

Un recente rapporto della Banca Mondiale ha reso noto che i paesi arabi del Golfo e la Turchia sono clamorosamente venuti meno agli impegni presi nello stanziamento di fondi per la ricostruzione della Striscia di Gaza, distrutta durante l’ultima offensiva israeliana contro l’enclave costiera tra luglio e agosto 2014. Il Qatar ha consegnato solo il 10% del miliardo di dollari promesso, mentre Arabia Saudita, Turchia e Kuwait insieme hanno stanziato solo 50 dei 900 milioni per i quali si erano impegnati. A ottobre 2014, la Comunità Internazionale si era impegnata a stanziare 3,5 miliardi di dollari destinati alla ricostruzione della Striscia di Gaza.

Eppure, dopo 9 mesi dalla fragile tregua raggiunta, la devastazione dell’enclave costiera è ancora una pesante realtà. Un mese prima del rapporto della Banca Mondiale, un’altra autorevole organizzazione, l’Unrwa, aveva lanciato un grido d’allarme per la situazione di stallo dei finanziamenti e per il mancato avvio della ricostruzione. Ma a nulla è servito. Le parole pronunciate da Chris Gunness, portavoce dell’Unrwa, un mese fa, sono ancora drammaticamente attuali: “Non una sola casa è stata ricostruita. Ad oggi, 9.161 case di rifugiati sono ancora completamente distrutte, 5.066 hanno subito gravi danni, 4.085 danni maggiori e 124.782 piccoli danni. L’Agenzia ha ricevuto un finanziamento che permette la ricostruzione di sole 200 delle 9.161 case completamente distrutte”.

Secondo quanto riportato nel rapporto della Banca Mondiale, ad aggravare la situazione già drammatica della Striscia di Gaza non è solo il mancato stanziamento dei fondi destinati alla ricostruzione e mai giunti a destinazione, ma anche e soprattutto l’impossibilità di importare i materiali per la ricostruzione nella Striscia. Israele impedisce l’ingresso dei materiali adducendo imprecisati motivi di sicurezza; motivazioni del tutto inconsistenti perché al momento di firmare gli accordi per il cessate il fuoco, la delegazione palestinese ha accettato che il flusso di merci per la ricostruzione dell’enclave costiera fosse costantemente monitorato.

La Banca Mondiale stima che il Pil di Gaza sarà 530 milioni dollari nel 2015, a causa delle conseguenze dell’offensiva israeliana e del blocco che da otto anni strangola l’economia gazawi. Inoltre il tasso di disoccupazione è il più alto al mondo, con il 60% dei giovani senza lavoro e l’80% della popolazione costretta a sopravvivere con gli aiuti umanitari. Steen Jorgensen Lau, Direttore della Banca Mondiale per la Cisgiordania e Gaza, ha definito le prospettive per Gaza ‘estremamente preoccupanti’. “Il costante assedio e le conseguenze del conflitto del 2014 hanno duramente colpito l’economia di Gaza. La totale assenza di esportazione e la perdita del 60% del settore manifatturiero hanno condannato l’economia gazawi. Nessuna economia può sopravvivere se completamente isolata dal mondo esterno”, ha concluso.

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