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Usa game over: uffici federali al collasso

di Mauro Indelicato

Mentre il mondo mediatico occidentale, è impegnato a mostrare il volto più duro degli Usa, da Washington arrivano notizie drammatiche per la sopravvivenza socio–economica della federazione nordamericana. Se oggi gli italiani si sono svegliati con un punto in più d’Iva, portata al 22%, negli Usa si sono risvegliati con parchi chiusi, uffici sbarrati, molte scuole senza personale e complessivamente 800mila impiegati federali temporaneamente senza lavoro per via della mancanza di fondi. Proprio così: la potenza che fino a pochi giorni fa voleva stanare da sola e per l’ennesima volta un paese sovrano mediorientale, non ha i soldi nemmeno per pagare il personale delle villette pubbliche cittadine. E tutto questo, a pochi giorni da una data fatidica: il 17 ottobre. In questa data, se non verrà nuovamente innalzato il tetto del debito federale, gli Usa dovranno dichiarare la bancarotta.

Il presidente Obama sembra aver perso il controllo della situazione; preso a pesci in faccia in politica estera, di certo non va meglio in quella interna, con il partito di opposizione, i Repubblicani, che questa volta non gli andranno in soccorso al Congresso, dove detengono la maggioranza, e non approveranno il pacchetto di rientro proposto dall’esecutivo e dunque da questo primo ottobre prendono il via i tagli sopra elencati. Proprio come per la Siria, Obama ha cercato di mostrare un suo, oramai poco credibile, volto di uomo di polso, con un discorso alla nazione nella quale definiva scellerati i Repubblicani, scaricando quindi loro la colpa, e garantendo i massimi sforzi per evitare il crollo del sistema federale, oggi ridotto all’osso e con uffici del tutto depotenziati, a cui bisogna aggiungere la bancarotta di numerosi Stati dell’unione, impossibilitati a pagare anche gli stipendi dei dipendenti.

Ma è soprattutto una parte del discorso di Obama che deve far riflettere e che, specie ad italiani e siciliani, fa drizzare improvvisamente le orecchie: “Rassicuro tutti i militari. Pagheremo regolarmente gli stipendi alle forze armate”. E’ una frase a cui siamo abituati alle nostre latitudini; quante volte Sindaci o presidenti di Regione affacciano in Tv solo per rassicurare gli impiegati che a fine mese riceveranno gli stipendi? Ma in questo caso, si sta parlando del presidente della presunta potenza mondiale, che va a rassicurare le proprie forze armate; quindi, per esserci una rassicurazione, vuol dire che c’è stato e c’è il pericolo che l’esercito degli Stati Uniti d’America rimanga senza stipendio. Che cosa accadrebbe per esempio se, fra qualche mese, quei ragazzi con tuta mimetica, lontani diverse migliaia di chilometri da casa, di stanza presso la base di Niscemi, ad un certo punto scoprono che a fine mese nessun Dollaro venga accreditato nel proprio conto? Avrebbero ancora l’arroganza di ridere in faccia ai manifestanti mentre vengono randellati dalla Polizia italiana? Oppure, cosa potrebbe accadere se ad un certo punto i ragazzi presenti a Kabul da 11 anni scoprono che vanno a morire gratis lontani dalle proprie famiglie?

In definitiva quindi, mentre fino a poche settimane fa Obama e Kerry si divertivano con esercizi deliranti di retorica, del genere: “Siamo l’America e siamo superiori ed abbiamo il diritto morale di intervenire”, in realtà gli uffici federali facevano i calcoli di quanti Dollari erano rimasti per comprare carta e penna da fornire agli impiegati, mentre 800mila lavoratori del settore federale pubblico erano già collegati con il Wi Fi dalla prima caffetteria Starbucks disponibile per inviare curriculum alla ricerca di un nuovo lavoro. C’è addirittura chi avanza l’ipotesi che la guerra in Siria alla fine non sia stata fatta per un semplice motivo: non ci sono i soldi, l’America non può più permettersi nuove campagne militari, nonostante i cospicui finanziamenti delle multinazionali. USA game over? Non si sa; di certo, una bella ridimensionata è in atto da tempo e non suonerebbe strano se, fra qualche anno, al grido “Yankee go home” sempre più urlato in tutto il mondo, gli stessi americani risponderebbero “Yes, of course”. Secondo alcuni, tutto ciò era calcolato ed è mirato ad una strategia volta a far ulteriormente “apprezzare” dall’opinione pubblica l’intervento dei potenti privati in settori tradizionalmente considerati di esclusiva competenza pubblica.

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