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Yemen, un Paese sempre più debole tra fallimenti sauditi e successi iraniani

di Cristina Amoroso

L’Arabia Saudita è una forza egemone nell’intera regione, un baluardo auto-referenziale di stabilità e conservatorismo, Riyadh non vuole nessun cambiamento delle strutture politiche o equilibri di potere in Medio Oriente, ed è minacciata dalla potenziale comparsa di forme rappresentative di governo nel suo interno.

Questa politica è stata sorprendentemente evidente nei suoi rapporti con il Bahrain: nel mese di febbraio, la famiglia reale saudita ha “imposto” alla dinastia al-Khalifa di non tollerare alcun compromesso con l’opposizione sciita – composta dalla maggioranza del Paese – e di reprimere ogni forma di manifestazione. Riyadh vede la possibilità da parte della popolazione di maggioranza sciita del Bahrain prendere il potere come una minaccia che potrebbe portare a una posizione dominante iraniana – una prospettiva del tutto inaccettabile per la casa di Saud.

In Yemen, l’Arabia Saudita ha rapporti di lunga data con la maggior parte degli attori politici, tribali e regionali. La forma principale di questo rapporto è consistita in  pagamenti offerti dai sauditi ai vari regnanti. Un “comitato speciale” nel governo dell’Arabia Saudita gestisce questi rapporti e mantiene i collegamenti personalizzati con molti yemeniti, nonché un resoconto dei servizi resi, influenzando notevolmente il governo di Sana’a. Il presidente Abd Rabbu Mansur Hadi, che ha assunto il potere dopo che l’ex presidente Ali Abdullah Saleh ha lasciato l’incarico nel febbraio 2012, è diventato un protetto saudita. Il problema, tuttavia, sta nella mancanza di una politica saudita a lungo termine per risolvere i molteplici e apparentemente irrisolvibili problemi dello Yemen, come sostiene l’analista Bernard Haykel. La “generosità” finanziaria non risolve le carenze strutturali profonde dello Stato yemenita, né le sfide dello sviluppo della sua società.

E si sa che “la farina del diavolo finisce in crusca”, così la politica saudita ha indebolito il Paese tribale elargendo denaro senza programmare o creare strategie col risultato di complicare e squilibrare i problemi del Paese. Il patrocinio saudita per le tribù dello Yemen ha continuato senza sosta in maniera antistrategica. Da qualche tempo, i sauditi hanno dato la preferenza alle tribù Hashid perché credevano che queste fossero più influenti, e perché un certo numero di tribù della confederazione Bakil sono stati considerati come sostenitori dei ribelli Houthi Zaydi-sciiti nel nord, che i sauditi vedono come proxy dell’Iran nella regione. Persiste l’antagonismo saudita verso gli Houthi, e questi ultimi rappresentano una forza radicata nella scena politica yemenita.

L’Arabia Saudita ha perso la sua possibilità di tirare lo Yemen fuori dal pantano della concorrenza regionale e internazionale. Avrebbe potuto beneficiarlo di fronte a tutte le crisi del Golfo, ma l’Arabia Saudita opera senza alleati e senza partner nel processo decisionale, se non per proteggere i suoi confini yemeniti, in tal modo non può muoversi molto avanti come una grande potenza. Ecco perché, il più grande errore dell’Arabia Saudita è stato quello di aver indebolito l’unico Paese che avrebbe potuto assicurare il suo confine meridionale e diventare un forte alleato. Non vi è alcun dubbio che l’indebolimento dello Yemen accelererà la fine dell’Arabia Saudita. Il Paese avrebbe potuto vincere attirando tutte le parti yemenite al suo fianco, ma ha sperperato i suoi interessi politici, perché ha scelto di rafforzare i partiti che le sono ideologicamente affiliati, come i salafiti, che sostengono il loro becero radicalismo. Questo ha portato l’implosione dello Yemen.

Infine, l’interferenza delle Nazioni Unite e degli Stati Uniti nell’agenda saudita e nella sua sicurezza nazionale, hanno portato Riyadh a trattare il conflitto in Yemen in modo fallimentare, rifiutando di trattare con gli Houthi e peggiorando il suo rapporto con il partito islamista al-Islah, fino a classificarlo come un’organizzazione terroristica per la sua vicinanza con i Fratelli Musulmani.

Sta di fatto che il fallimento dell’Arabia Saudita ha permesso di svolgere un ruolo centrale all’Iran, che appare in contrasto con l’insensibilità saudita verso tutte le parti in gioco. L’Iran  – il suo più grande concorrente strategico, con politiche a lungo termine e molto poco denaro versato – si rivela come un giocatore forte e influente sulla scena yemenita, nella quale Teheran insiste sulla comunicazione con tutte le parti, senza eccezioni, assumendo il ruolo di consulente in questioni che richiamano l’attenzione su tutti i più gravi pericoli di carattere nazionale.

L’Iran è disposto a stabilire relazioni anche con l’Arabia Saudita per raggiungere questo obiettivo, insistendo sull’auto-moderazione, ma ufficialmente non ha voce in Yemen, nel senso che non è uno dei 10 Paesi patrocinatori della transizione politica, in quanto l’Arabia Saudita volutamente ha escluso l’Iran dalla partecipazione al processo di transizione politica, anche se è più vicino allo Yemen rispetto agli Stati Uniti ed è noto che lo Yemen non ha alcuna possibilità di pace e stabilità, senza buoni rapporti con l’Iran e l’Arabia Saudita.

L’Iran, inoltre, sa che la sua esclusione totale è un rischio. Ecco perché lavora sul rafforzamento dei suoi alleati in modo da garantire una forte partecipazione assicurando loro un ruolo politico e militare appropriato, a differenza dell’Arabia Saudita che indebolisce solo i suoi alleati e li trasforma in lacchè, senza peraltro avere alcuna strategia chiara che i suoi sostenitori possano seguire.

L’Iran sa quello che sta facendo. Si sa che il vero pericolo deriva dai salafiti, che sono sostenuti dall’Arabia Saudita, e che la Fratellanza Musulmana è il loro più forte concorrente, perché proviene dalla stessa scuola ideologica. Ma i Fratelli Musulmani sono la spugna in grado di assorbire l’influenza salafita. Questo è quello che è successo in Yemen dal momento che la Congregazione per la riforma, al-Islah, è stata istituita sulla base di un’alleanza tra le tribù, i salafiti e i Fratelli Musulmani. Al-Islah è un movimento islamista affidabile nella regione, dal momento che ha assicurato una base di sostegno sociale, la presenza politica e la base ideologica. L’Iran si è mostrato aperto al sostegno e alla cooperazione con questo partito, perché rappresenta un progetto politico in grado di collaborare e allearsi con uno qualsiasi dei Paesi della regione, dal Qatar all’Arabia Saudita e all’Iran, considerato che finora lo Yemen ha agito nelle relazioni internazionali come uno Stato debole e instabile, eterodiretto, senza una politica estera degna di uno stato sovrano.

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