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Appello Onu per la Somalia: più di 38mila bambini rischiano di morire di fame

di Cristina Amoroso

Sono passati appena tre anni dalla gravissima carestia che colpì il Corno d’Africa e che nella sola Somalia uccise più di un quarto di milione di persone, la metà dei quali bambini. I campi per profughi “interni”, fuggiti dalla siccità del 2011 oppure dalle numerose aree di un Paese dilaniato da più di vent’anni dalla guerra civile, tuttora sotto il controllo ferreo dei miliziani Shabaab, sono tuttora aperti.

La cronaca della nuova carestia annunciata è riportata in un rapporto congiunto pubblicato dalla Sicurezza Alimentare delle Nazioni Unite e dalla Nutrizione Analysis Unit (Fsnau) e dal Famine Early Warning Systems Network (Fews Net): più di 731mila persone, tra cui 203mila bambini gravemente malnutriti, rischiano “una grave insicurezza alimentare” nel 2015. La cifra rappresenta un calo del 30 per cento rispetto all’ultima analisi riguardante i sei mesi appena trascorsi, grazie a “piogge relativamente abbondanti” a fine 2014 che hanno aiutato gli agricoltori.

“Molti bambini rimangono gravemente malnutriti, nonostante una lieve diminuzione del loro numero nel corso degli ultimi sei mesi”, si legge nel rapporto. “Si stima che circa 202.600 bambini sotto i cinque anni sono affetti da malnutrizione acuta, tra cui 38.200 bambini che sono gravemente malnutriti e di fronte a un elevato rischio di malattie e di morte”. Tre quarti di coloro che hanno bisogno disperato hanno abbandonato le loro case, soprattutto a causa dei continui combattimenti.
“I tassi di malnutrizione rimangono ostinatamente alti,” ha dichiarato il capo degli aiuti delle Nazioni Unite per la Somalia, Philippe Lazzarini. “Le prospettive per il 2015 sono preoccupanti”, ha aggiunto.

Nel mese di agosto, il governo federale somalo ha lanciato un appello per una campagna di salvataggio internazionale, un’emergenza per proteggere centinaia di migliaia di persone dalla fame. Il ministro somalo dell’Agricoltura, Abdi Ahmed Baafo, ha dichiarato che il suo governo sta facendo del suo meglio per fornire aiuti alimentari e acqua potabile a migliaia di famiglie che vivono in diverse regioni della Somalia sud-centrale.

“Esorto le organizzazioni umanitarie internazionali e così pure gli uomini d’affari somali di raggiungere con urgenza le persone vulnerabili che sono sul punto di morire di fame. Abbiamo paura che migliaia possano morire nelle prossime settimane”, ha riferito il ministro.
“Non c’è bisogno di parlare, questo è il momento di intraprendere un’azione per proteggere queste persone. Il governo somalo non ha beni, ma vogliamo che le organizzazioni umanitarie internazionali arrivino e consegnino al Paese ciò che il mondo ha stanziato per la Somalia”. Diverse sono le regioni colpite dalla crisi umanitaria, ma le zone più bisognose di aiuti sono: Gedo, Bakool, Hiiraan e Galgaduud, seguite da Middle Shabelle Bay e Lower Shabelle.

L’attuale crisi umanitaria in Somalia, dopo quella del 2011, certamente metterà in moto la macchina della solidarietà con l’invio di aiuti umanitari e azioni coordinate sul campo dalle grandi agenzie internazionali. E’ indispensabile agire sugli aiuti immediati, ma l’emergenza spesso comporta azioni ad effetto breve che non considerano le cause e concause che determinano una crisi.

Le carestie nel Corno d’Africa non possono essere attribuite solo al clima. Ad esempio, si pensi all’innalzamento del tutto ingiustificato del prezzo delle derrate agricole che rispecchia le manovre speculative della finanza mondiale, oppure alla vendita o all’affitto di appezzamenti di terreno a multinazionali o Stati stranieri (il cosiddetto land-grabbing). Tali fenomeni, oltre a bloccare l’accesso alle risorse del territorio e rendere bracciante chi era coltivatore diretto, rendono più difficoltosa la gestione dei pascoli nomadi. Ossia il cuore dell’economia tradizionale. La pastorizia è infatti il miglior sistema in termini di resa e di sostenibilità in aree estreme. Un sistema in grado di resistere alle avversità croniche dell’area, che è stata però messa in crisi non tanto, o non solo, dalle cause contingenti della siccità, ma soprattutto dalle cause esogene al sistema.

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