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Wikileaks, un’Italia presa a schiaffi

di Salvo Ardizzone

Che Washington non tenga in nessun conto, né tantomeno rispetti i suoi alleati/sudditi è fatto antico, dimostrato dai fatti prima ancora che dalla massa di documenti emersi grazie al caso Wikileaks; adesso, l’ennesimo flusso di informazioni messo in giro dimostra come la Nsa abbia spiato i leader europei e non solo: la cancelliera Merkel, il segretario dell’Onu Ban Ki-Moon, l’allora presidente francese Sarkozy, il primo ministro Netanyahu, e c’è anche l’allora presidente del consiglio Berlusconi.

Della cosa s’era saputo già nel 2013, al sorgere dell’”affaire” Wikileaks, insieme alla teoria di un “complotto” euro-americano per sbarazzarsi di un Premier quanto meno imbarazzante, che a una totale incapacità di gestire l’Italia univa la colpa imperdonabile di volersi avvicinare troppo a Putin. Allora, fra scandali personali e fallimenti politici, s’era messo da solo in una posizione indifendibile che offriva l’occasione perfetta per sostituirlo con una persona “amica” (leggi Monti e poi Letta).

Al deflagrare della notizia delle intercettazioni, nel 2013, il premier Letta spergiurò che la sicurezza nazionale e la privacy dei cittadini non erano state compromesse dall’attività dell’Nsa. Eppure già allora si sapeva che l’Italia era l’unico Paese europeo (insieme alla Germania) ad avere ben due team dello Special Collection Service che operavano a Roma e a Milano, sia intercettando specifiche personalità e i loro collaboratori, che rastrellando a strascico i metadati degli italiani.

Dietro questo trattamento, comune per tutti i cosiddetti “alleati” ma particolare su Germania e Italia, c’era il sorgere di un rapporto strategico speciale fra Berlino e Mosca ed i rapporti personali di Berlusconi con Putin.

Alla notizia dei nuovi file di Wikileaks, il Ministero degli Esteri ha convocato l’ambasciatore Usa John Philipps per chiarimenti, che ovviamente non sono stati dati; per tutta risposta, oltre ad una vaga promessa di approfondimenti, c’è stata l’infastidita sottolineatura che si tratta di storie antiche e che adesso l’Amministrazione Obama ha messo in atto nuove procedure (dopo anni di spionaggio e dopo che nel 2013 mezzo mondo ha saputo d’essere spiato).

E questo capita a un Paese che ha appena sottoscritto un patto segreto sull’impiego dei Reaper da Sigonella, sta mantenendo un contingente nel pantano afghano quando gli altri Paesi ne sono già usciti, sta mandando altri uomini in Iraq e stavolta per una missione “combat”, e via elencando.

Renzi a marzo dovrebbe essere a Washington, non si sa se a prendere ordini come la volta scorsa o a fare passerella. Pensare che possa chiedere spiegazioni è pura utopia, assurdi sogni proibiti che protesti. E poi, le voci che sono cominciate a girare negli ambienti europei ricordano quelle del 2011 sulla scarsa affidabilità dell’Italia, e che si conclusero con un cambio di Governo. Un ruvido segnale che non alzi la testa e stia al gioco, senza provare ad alterare equilibri antichi. E vorreste che provi ad alzar la voce proprio adesso?

D’altronde perché stupirsi? L’Italia è questa: un Paese dove con la piena collaborazione dello Stato la gente può essere rapita e torturata (e non stiamo parlando di Regeni, ma di Abù Omar); un Paese pronto ad obbedire sempre, anche quando è trattato a schiaffi dal suo padrone.

Il fatto che Washington usi attenzioni simili (naturalmente non nelle dosi che riserva a Roma) con il resto dell’Europa, non crediamo dovrebbe consolarci.

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