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Whisky e vodka per brindare all’indipendentismo scozzese

di Federico Cenci

Mentre Londra e Bruxelles minacciano la Scozia per le sue istanze indipendentiste, Mosca le strizza l’occhio. Mancano pochi mesi al 18 settembre, data in cui il popolo scozzese si esprimerà con un referendum sulla separazione dalla Gran Bretagna, ma il tema sembra esser diventato assai vivo già oggi anche al di sotto del Vallo di Adriano.

Nei giorni scorsi il primo ministro britannico, David Cameron, si è fatto portavoce di un’equazione – condivisa in modo trasversale a Londra da liberaldemocratici, laburisti e conservatori – che sa tanto di ricatto al popolo scozzese. Ovvero, l’indipendenza della Scozia comporta l’uscita dalla sterlina. «Ritengo veramente difficile – ha detto il premier Cameron – poter giustificare un’unione monetaria dopo l’indipendenza». La risposta di Edimburgo non si è fatta attendere. I fautori dell’indipendenza scozzese hanno infatti reso noto che se la minaccia di Londra diventasse realtà, il governo scozzese potrebbe rifiutarsi di riconoscere la propria parte di debito britannico.

Alle comprensibili schermaglie tra due Paesi in concitata attesa di una data che potrebbe segnare profondamente i loro destini, si aggiunge però l’Unione europea. Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, è corso in aiuto di Londra, ventilando agli scozzesi uno scenario da terra bruciata intorno a loro laddove dovessero decidere per la secessione. Nel corso di un’intervista alla Bbc, Barroso ha dichiarato che «è molto difficile se non impossibile» che una Scozia indipendente possa entrare nell’Unione europea. Le parole di Barroso hanno suscitato indignazione in Scozia. La vice-primo ministro scozzese, Nicola Sturgeon, le ha definite «grottesche». La Sturgeon ha ricordato che per impedire alla Scozia di entrare nell’Ue sarebbe necessario il veto degli Stati membri e non quello del presidente della Commissione europea. E «nessuno Stato membro – ha proseguito la vice-premier – ha detto che metterà il suo veto all’entrata della Scozia nell’Ue».

Giusta osservazione. Tuttavia, le risposte dei rappresentanti scozzesi al fuoco di fila delle potenze di Londra e Bruxelles somigliano a un’orgogliosa ma velleitaria difesa di Davide contro il gigante Golia. La battaglia, almeno sul piano della dialettica da campagna elettorale, appare dunque impari. Anche se di recente la Scozia ha scoperto di possedere una bisaccia inaspettata, a diverse migliaia di chilometri di distanza da Edimburgo, dalla quale poter estrarre la decisiva pietra da lanciare nell’occhio del suo Golia.

È sempre l’emittente Bbc ad aver confezionato questa suggestiva ipotesi. Durante una lunga intervista al presidente russo Vladimir Putin, il cronista ha chiesto un’opinione sul referendum scozzese. Putin si è mantenuto molto discreto; «non è una nostra preoccupazione – ha detto -, è una questione interna britannica». Tuttavia, il presidente russo ha sostenuto che «qualsiasi gruppo di persone ha diritto all’autodeterminazione, e oggi in Europa l’idea di “diluire” la sovranità nazionale all’interno della Comunità europea è più accettato».

Incalzato dall’intervistatore sull’ipotetico ingresso della Scozia indipendente nell’Unione doganale eurasiatica, Putin si è detto possibilista. «Non lo escludo», ha rilevato. In un quadro geopolitico sempre più multipolare, la velata proposta russa alla Scozia rappresenta un interessante “piano-B” laddove le minacce di Cameron e Barroso dovessero – un domani, a secessione avvenuta – realizzarsi. L’ingresso nell’Unione doganale consentirebbe alla Scozia di accedere verso mercati emergenti a condizioni fiscali molto vantaggiose. Fondata nel 2010, questa Unione comprende attualmente Russia, Bielorussia e Kazakistan, mentre sono in corso negoziati per l’adesione di Kirghizistan, Tagikistan ed Armenia. Quest’ultimo Paese continua il dialogo con Mosca malgrado il dissenso dell’Unione europea. La Scozia non sarebbe l’unico Paese non appartenente all’area di ex influenza sovietica ad aderire all’Unione doganale; anche l’ex dominion britannico Nuova Zelanda prosegue i negoziati con la Russia allo scopo di entrarvi a far parte.

Chissà che gli scozzesi per una volta non abbandonino il loro amato whisky e decidano di brindare a un’eventuale indipendenza dalla Gran Bretagna con un bicchiere di vodka. Del resto, la strada verso Est – lastricata di gasdotti, rubli, nonché di politiche a favore della famiglia e della vita – sembra sempre più una via d’uscita al labirinto recessivo nel quale si trovano coinvolti i Paesi membri dell’Unione europea. Alla luce di questa considerazione, forse, un primo brindisi (e non importa a base di quale superalcolico), qualche lungimirante erede di William Wallace lo ha già fatto dopo le minacce di Cameron e Barroso.

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