Medio Oriente

Venezuela, cosa rimarrà del chiavismo?

di Fabrizio Di Ernesto

Come da previsione, anche se per un soffio o poco più, le elezioni  presidenziali in Venezuela hanno visto Nicolas Maduro, delfino di Chavez, prevalere sul rivale Enrique Capriles, leader delle opposizioni e personaggio molto gradito agli Usa.

Rispetto alle elezioni dello scorso autunno, vinte da Chavez che però a causa della malattia non aveva mai potuto ricevere in maniera formale ed ufficiale l’incarico, il Psuv ha perso quasi tutti i voti di vantaggio che aveva rispetto alle altre forze. Una situazione di grande incertezza che sicuramente non gioverà ad un paese orfano del leader politico che l’ha portato ai vertici della regione indio-latina.

Lo scrutinio è stato molto incerto tanto che sia lo sconfitto, sia Washington, sempre pronta a preoccuparsi delle vicende altrui, hanno chiesto a gran voce il riconteggio di ogni scheda, sperando di sovvertire l’esito delle urne.

Se con Chavez i venezuelani erano divisi in pro e contro, ora la situazione è molto più ingarbugliata. Il voto consegna a Maduro uno Stato letteralmente spaccato a metà e per espletare il suo mandato difficilmente potrà contare sul sostegno del suo partito, anche esso spaccato in due tra i suoi sostenitori ed i suoi oppositori e con un esercito schierato si con il Psuv ma che a stento ha riconosciuto l’ascesa di Maduro. A questo punto il neo presidente non ha davanti a sé molte possibilità: o dovrà forzare la mano con un chavismo esasperato, oppure moderare le sue posizioni facendo qualche concessione a Capriles ed a suoi sostenitori, specie quelli internazionali. La seconda sembra la scelta più probabile. Primo passo per fare ciò è quello di dare rassicurazioni a banche e fondi di  investimento mondiali in merito alla possibilità di investire in Venezuela, rompendo però in modo abbastanza brusco rispetto al recente passato.

Quasi tutto comunque ruoterà intorno all’utilizzo che verrà fatto del petrolio. Chavez aveva utilizzato l’oro nero per far crescere il suo paese da un punto di vista politico, economico e sociale; in questo Maduro dovrebbe confermare la linea del suo maestro e predecessore anche se potrebbe essere più accomodante con i compratori, va pur sempre tenuto presente che anche sotto Chavez i primi acquirenti del greggio venezuelano erano gli Usa.

Il grande merito di Chavez è stato quello di utilizzare i proventi del petrolio per creare uno Stato sociale molto esteso e funzionale, se il nuovo presidente lo toccasse perderebbe subito il sostegno di gran parte dei suoi elettori. Abbassando il prezzo potrebbe esserci una contrazione del welfare.

Un ruolo molto importante lo giocheranno le relazioni che Maduro porterà avanti con gli storici alleati di Chavez: Cina in primis. Non a caso il neo presidente ha già annunciato che la sua prima visita ufficiale sarà a Pechino. Con il governo cinese, il Venezuela ha firmato negli ultimi tredici anni ben 328 accordi di cooperazione, pari al 14%  dei contratti internazionali sottoscritti, un dato che ponela Cina al secondo posto nella classifica dei partner commerciali favoriti, dietro  soltanto all’Argentina, ma di fatto il primo per mole di investimenti e scambi. Importante poi sarà vedere se lo scambio con la Russia rimarrà inalterato e se l’India riuscirà ad investire maggiormente e Caracas.

Più complessi sono i rapporti con gli alleati del continente sud americano. Con Cuba e Bolivia alla base di tutto c’era il rapporto di amicizia di Chavez con Castro e Morales, ora Maduro dovrà saper coltivare gli stessi rapporti mentre il Brasile, che punta all’egemonia nella regione, farà di tutto per sostituirsi al Venezuela nel commercio con questi due Paesi. Da considerare poi il ruolo di Correa, il presidente ecuadoregno vorrebbe diventare la nuova guida del continente indio-latino prendendo il posto che era di Chavez nell’Alba ed in tutte le altre organizzazioni regionali. Di nemici quindi, dentro e fuori casa, Maduro ne ha anche troppi per pensare che possa reggere il confronto con il suo mentore.

Il grande interrogativo è però quello del futuro del chavismo. Per anni gli analisti internazionali si sono domandati se il chavismo sarebbe sopravvissuto a Chavez. Francamente non si può essere molto ottimisti. Senza andare troppo lontano si può vedere cosa è successo al castrismo una volta che Castro si è visto costretto a delegare al fratello. Subito l’Avana ha iniziato a frenare il suo socialismo aprendo le porte, anche se in misura molto ridotta, agli stranieri. Quasi certamente una cosa simile succederà anche il Venezuela con il chavismo che rimarrà una delle poche rivoluzioni riuscite di questo inizio di secolo e che continuerà ad ispirare molti politici negli anni a venire.

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