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Vanessa e Greta libere, pagato un riscatto di 12 milioni di dollari. Ma chi ha trattato la loro liberazione?

di Salvo Ardizzone

Giovedì mattina, alle 4.20, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo sono atterrate a Ciampino, dopo un sequestro durato 168 giorni. Le due cooperanti erano state rapite nei pressi di Aleppo la notte fra il 31 luglio e il 1° agosto, pare da criminali legati al sedicente Free Syrian Army, che avrebbe organizzato il sequestro. Successivamente, però, nella vicenda s’è inserito il Jabat al-Nusra (legato ad al-Qaeda), in un gioco di ricatti, intermediari più o meno fasulli e voltafaccia teso ad alzare il prezzo del riscatto da spartirsi fra le bande dei cosiddetti “ribelli” siriani.

Lasciamo i particolari sulle fasi della vicenda alle cronache, di cui i media sono strapieni, noi vogliamo focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti, per primo il pagamento del riscatto.

Non ci scandalizziamo che sia avvenuto, e le dichiarazioni di Gentiloni alla Camera (“sono illazioni”, e ancora: “siamo contrari al pagamento di riscatti”) suonano semplicemente patetiche. L’Italia da sempre ha pagato per la liberazione di ostaggi; anche se lo negano ufficialmente, lo fanno praticamente tutti con poche, pochissime eccezioni e, il più delle volte, è l’unica maniera di riportare gli ostaggi a casa vivi, visti gli scenari in cui avvengono i fatti (e la collezione di tragici fallimenti dei “blitz” dei tanto celebrati Seal americani, con la puntuale morte degli ostaggi, lo dimostra). Per questo le dichiarazioni di Salvini e di altri politici, “indignati” per il pagamento, sono ipocrite quanto ridicole, come al solito rese per lucrare qualche consenso.

Il punto è un altro: il quanto e il come. Dodici milioni di dollari sono un’enormità, e non è una cifra campata in aria perché la notizia, oltre a essere filtrata da fonti vicine al Free Syrian Army, è stata diffusa da Al-Aan, un’emittente affiliata ad Al-Jazeera più che attendibile. Inoltre, pare che da una richiesta iniziale di due milioni, il prezzo sia salito rapidamente col procedere delle trattative, dimostrando tanto un approccio errato e un’incapacità di trattare, quanto la totale mancanza di peso e influenza messa in campo da chi gestiva la vicenda.

In parole povere, chi ha trattato, non solo non ha saputo come muoversi, facendo lievitare enormemente il riscatto, ma non aveva neanche la credibilità necessaria per contrattare, limitandosi ad accettare a scatola chiusa le stratosferiche richieste dei “ribelli”.

Il fatto è che questo atteggiamento, che fra i criminali circola come il vento, mette in pericolo ogni italiano che si trovi in un’aria di crisi, perché sarà visto come un affare colossale senza rischi, e complica terribilmente le vicende di chi è già nelle mani di quella gente, come padre Dall’Oglio, il religioso che è stato sequestrato proprio in Siria nel luglio del 2013.

Un’ultima notazione; tutto in questa vicenda sa di superficialità e approssimazione: le cooperanti che, con una grossa dose d’incoscienza, s’avventurano in un’area d’estremo pericolo senza le necessarie coperture, o forse, con le “coperture” sbagliate; la gestione inadeguata, diremmo pessima, da parte degli organi dello Stato e così via. Per questo troviamo nauseante l’uso strumentale che ne stanno facendo certi politicanti, Renzi in testa, che l’ostentano come un grandissimo trionfo (vedi telefonate ai familiari, dichiarazioni ai media e così via). Ma si sa, il livello è quello.    

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