Utopia, il film di John Pilger che disonora l’Australia
“Utopia” non prende il nome dal sogno platonico di una repubblica ideale, né dal sogno rinascimentale di Thomas More, in cui cultura e giustizia dominano e regolano la vita umana.
Utopia è semplicemente una vasta regione nel nord dell’Australia, sede della più antica presenza umana sulla terra.
“Questo film è un viaggio in quel Paese segreto, che descrive non solo l’unicità dei primi australiani, ma anche la loro scia di lacrime, tradimenti e la resistenza: da una utopia ad un’altra”. Così ne parla John Pilger, l’autore del film che esce nel Regno Unito il 15 novembre, in Australia a gennaio, e un Dvd con una straordinaria raccolta di interviste e sequenze non inclusi nel montaggio finale del film distribuito dalla rete, allo stesso tempo.
Pilger inizia il suo viaggio a Sydney, dove è cresciuto, e in Canberra, la capitale della nazione, dove il parlamento nazionale sorge in un ricco sobborgo chiamato Barton, recentemente insignito del titolo di comunità più avvantaggiata dell’Australia .
Non a caso il viaggio parte da Barton dai corridoi del parlamento australiano così bianchi da strizzare gli occhi, suoni ovattati, pavimenti di legno che brillano. Prende il nome dal Primo ministro dell’Australia, Edmund Barton, che nel 1901 ha redatto la Politica dell’Australia Bianca. “La dottrina dell’uguaglianza non è mai stata applicata a chi non è britannico o dalla pelle bianca”, afferma Pilger. In realtà il Primo ministro si preoccupava dei cinesi noti allora come il “pericolo giallo”, non pensava affatto ai primi australiani, essi erano e sono inesistenti, di nessun interesse la loro cultura, la sofisticata cura di una terra aspra. La loro resistenza epica viene taciuta. Per quanti hanno combattuto gli invasori inglesi il Sidney Monitor del 1838 segnalava: “E’ stato deciso di sterminare l’intera razza dei neri in quel trimestre”.
Oggi i sopravvissuti rappresentano un segreto, una vergogna nazionale. Uno dei segreti meglio custoditi del mondo nel Paese del più grande boom di ricchezza mineraria. E’ australiana la donna più ricca del mondo, la Regina delle miniere guadagna 1,5 milioni di euro all’ora. L’Australia è il “Paese fortunato” che ha ereditato l’apartheid sudafricana? E come è potuto accadere nel 21° secolo? Che ruolo hanno giocato i media?
A queste domande risponde il film. Utopia è un viaggio personale, una storia universale di potere e di resistenza e di come le società moderne possono essere divise tra coloro che sono conformi ad un mondo distopico, e coloro che non si conformano.
L’Australia è messa sotto accusa da John Pilger, il giornalista australiano che vive a Londra dal 1962, vincitore due volte del premio britannico Giornalista dell’anno, ma anche autore e produttore di film documentari di denuncia, visibili in rete: War on democracy, (Guerra alla democrazia) considerato il miglior film documentario del 2008, che esplora il rapporto storico e attuale degli Stati Uniti con i Paesi dell’America Latina, e The war you don’t see (La guerra che non si vede) che attacca i media per il ruolo svolto in Iraq, Afghanistan, e nei conflitti Israele/Palestina.
Nel Paese più ricco del mondo l’apartheid è viva e vegeta, conclude Pilger. “Quando ho iniziato queste riprese 30 anni fa, una campagna globale era in atto per porre fine all’apartheid in Sud Africa. Facendo servizi dal Sud Africa, sono stato colpito dalla somiglianza della supremazia bianca e dallo spirito complice e difensivo dei liberali. Eppure nessuno obbrobrio internazionale, nessun boicottaggio ha disturbato la superficie della “fortunata” Australia. Guarda le guardie di sicurezza espellono dai centri commerciali aborigeni a Alice Springs, a breve distanza dalle barbies suburbane di Cromwell Terrace a Whitegate campo, dove le baracche di latta non hanno luce e acqua”. Questa è l’apartheid, o ciò che Reynolds chiama “il sussurro nel nostro cuore”.
di Cristina Amoroso