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Stati Uniti uber alles

Francamente viene da sorridere a seguire la campagna stampa che Departement of Defence Usa e l’apparato industriale del settore stanno “ispirando” attraverso i media, sapientemente pilotati da agguerritissime agenzie lobbistiche (e accidenti se sono brave! D’altronde questo mestiere è nato lì!). A sentir loro, gli Stati Uniti sono sulla via del declino, una ex super potenza che i tagli scriteriati al comparto Difesa stanno conducendo all’impotenza. Il grande guardiano della democrazia globale azzoppato dal ridimensionamento del budget federale imposto dal colossale deficit.

Stati Uniti e tagli alla Difesa

Intendiamoci, i tagli ci sono e ci saranno (a condizione che gli Usa non percepiscano una minaccia ai propri interessi reali, perché in quel caso, in barba al proprio debito pubblico e allo stato dell’economia reale, tornerebbero ad investire tutto quello che ritenessero necessario, e chi ha memoria storica avrebbe l’imbarazzo della scelta nei precedenti), ma la “sequestration” (il taglio automatico al budget di spesa federale) non è affatto strutturale e ha un limite temporale, inoltre obbedisce a una precisa strategia che viene da lontano.

Per esempio: ricordate il 1989 e il crollo dell’Impero del Male di reaganiana memoria? Anche allora il budget della difesa venne drasticamente ridotto, ma non certo quello destinato alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie innovative destinate alla difesa, che non fossero graziosi regali a strampalati progetti di ricerca promossi dai vari laboratori dei colossi industriali del settore. E ciò al fine di mantenere agli States un’indiscussa e schiacciante superiorità nel settore (e nel tempo – perché no? – alle società che possono utilizzare e monetizzare le ricadute industriali in giro per il mondo).

Certo, l’U.S. Army sarà soggetto a una drastica riduzione: da 570mila a 490mila effettivi, eliminando 12 brigate operative su 45, viene già messa in discussione con un prospettato ulteriore taglio che ridurrebbe gli effettivi a 430mila, e sorte analoga toccherebbe ai Marines. Ma attenzione, ciò deriva da un preciso cambiamento di obiettivi strategici: archiviata la follia della dottrina Busch, gli Stati Uniti non intendono più impantanarsi in altre sanguinose imprese tipo Iraq o Afganistan. Non hanno alcuna intenzione di mettere altri “scarponi sul campo”, lasciando a Special Forces (che infatti continuano ad incrementare), paramilitari della Cia e droni, il lavoro “sporco” a tutela di interessi più o meno confessabili.

Gli Usa possono ridimensionare la struttura militare, ma non certo gli investimenti destinati alla tecnologia e a quei sistemi militari avanzati che garantiscano un sicuro margine di supremazia. E ciò è confermato dalle indiscrezioni che trapelano sul contenuto della nuova Quadriennal Defence Rewiew.

D’altronde, se il Pentagono non solo non ferma, ma accelera il programma F-35 Jsf per la fornitura complessiva di 2.400 aerei al costo complessivo di 400 miliardi di dollari; manda avanti il requisito per l’acquisizione di 100 super bombardieri al costo preventivato di 55 miliardi di dollari e il programma JMR/FUL per l’acquisizione di 4mila elicotteri di ultima generazione al costo di 100 miliardi di dollari in sostituzione di quelli esistenti; inonda di risorse i programmi iper segreti per la Cyber Warfare (affare Nsa docet!)…beh… e visto che ci siamo proprio limitati negli esempi, non ci sembra l’operato di una potenza che voglia archiviare la propria pretesa di supremazia.

In poche parole: abbandonate le velleitarie pulsioni interventiste dell’epoca Bush, gli Usa stanno strutturando il proprio apparato militare non solo con l’obiettivo di parare ogni e qualunque minaccia alla propria sfera d’interessi, ma, sopratutto, in grado di tutelare la propria egemonia globale nei confronti di qualunque insidia, mantenendo ed incrementando un significativo margine qualitativo in termini di mezzi e relative tecnologie implementate (di cui sono peraltro gelosi custodi).

E l’Europa?

Non crediamo possa essere sfuggito a nessuno il progressivo e tacito cambio di atteggiamento avvenuto sull’altra sponda dell’Atlantico negli ultimi anni: da un continuo stimolo a un maggior impegno e a maggiori investimenti nell’ambito difesa (ancora epoca Bush e poco dopo), alla malcelata soddisfazione con cui si assiste ai continui tagli e ridimensionamenti operati nel settore dagli stati europei attanagliati dalla crisi economica (e questi si reali e dolorosi!).

E ciò per almeno due ottime ragioni (ovviamente agli occhi dello Zio Sam): piaccia o non piaccia, il peso internazionale e la capacità di tutelare i propri interessi derivano anche dalla credibilità del proprio strumento militare (per credere vedere ciò che sta accadendo nel Pacifico e ciò che, non a caso, sta facendo la Cina, argomento che da solo meriterebbe parecchie riflessioni); un’Europa balbettante, capace nel complesso di blande enunciazioni o poco più, salvo estemporanee (e interessate) prove muscolari contro avversari inesistenti (vedi operazioni in Libia), è esattamente ciò che si augurano gli Stati Uniti. Meno peso, meno concorrenza geopolitica e intralcio alla propria strategia globale.

La drastica riduzione delle capacità tecnologico/industriali nel settore spazio/difesa, (capacità ad alto valore aggiunto, difficili da acquisire e mantenere ma facili da disperdere in assenza di continua ricerca e investimenti), sgombrerebbe il campo ai colossi industriali a stelle e strisce da fastidiosi concorrenti sullo scenario internazionale, accrescendone il complessivo peso strategico, condannando l’Europa nel migliore dei casi all’irrilevanza.

È logico, prima ancora che doveroso, interrogarsi e dibattere sul come utilizzare lo strumento Difesa e come impiegarlo a supporto degli interessi di un Paese, ma, nel mondo come è adesso, difficilmente se ne può prescindere. E ciò è doppiamente vero in presenza di chi di questo strumento si è sempre giovato nella maniera che ha ritenuto più opportuna. Se non ci si riflette seriamente e realisticamente l’Europa (e non parliamo neppure dell’Italia) sarà condannata a quell’irrilevanza che è forzata anticamera della sudditanza. Allora solo e soltanto Stati Uniti uber alles.

di Salvo Ardizzone

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