Usa: 26.171 bombe sganciate nel 2016
Sono 26.171 le bombe sganciate dagli Stati Uniti nel 2016, tre bombe ogni ora per 24 ore al giorno: una fine grondante sangue per il secondo mandato del presidente, premio Nobel per la pace, dipinto da esperti di Washington come un “guerriero riluttante”, dimostratosi realmente un falco, con i suoi pesanti bombardamenti in sette Paesi a maggioranza musulmana.
Secondo Micah Zenko e Jennifer Wilson del Council on Foreign Relations, che hanno condotto l’indagine, questa stima è “senza dubbio bassa”, considerando che i dati affidabili sono disponibili solo per attacchi aerei in Pakistan, Yemen, Somalia e Libia, e che un unico “colpo”, secondo la definizione del Pentagono, può contenere più bombe o munizioni.
Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Somalia e Pakistan sono i Paesi presi di mira da attacchi aerei degli Stati Uniti. Il 2016 ha visto un aumento dei bombardamenti rispetto al 2015, quando gli Stati Uniti hanno sganciato almeno 23.144 bombe su sei Paesi a maggioranza musulmana. La Libia è il settimo Paese aggiunto ai bombardamenti nel 2016.
Nel 2016 gli Stati Uniti hanno tranquillamente lanciato una campagna aerea in Libia, il Paese nordafricano ricco di petrolio, al fine di respingere i terroristi Isis. La Nato vi aveva effettuato un’operazione di cambiamento di regime nel 2011, rovesciando il governo del leader da lunga data, Muammar Gheddafi, tra gli entusiasmi di Hillary Clinton, gettando il Paese nel caos.
La maggior parte delle bombe utilizzate nel 2016, 24,287, sono state sganciate in Iraq e in Siria, dove gli Stati Uniti stanno conducendo una coalizione per combattere, così affermano, l’auto-dichiarato Stato Islamico. L’Afghanistan è stato colpito con almeno 1.337 bombe. La guerra in Afghanistan è entrata nel suo 15° anno nel 2016, una delle più lunghe guerre ancora in piedi nella storia degli Stati Uniti. Il presidente Obama è stato rieletto nel 2012 con la promessa di porre fine alla guerra in Afghanistan nel 2014, ma l’ha prolungata e addirittura ampliata più volte. Ha certo ridotto il numero di soldati americani che combattono in Afghanistan e in Iraq, ma ha notevolmente ampliato le guerre d’aria e l’uso di forze speciali in tutto il mondo.
Il presidente premio Nobel per la pace era entrato in carica impegnandosi a porre fine alle guerre di George W. Bush, ma lascia il suo incarico dopo essere stato in guerra più di ogni altro presidente nella storia deli Stati Uniti, ed è anche l’unico presidente a servire due mandati completi con il Paese in guerra.
Gi attacchi con i droni hanno rappresentato una tecnica di bombardamenti sostenuta da Obama che si è distinto come drone-warrior in chief. Come tale, ha diffuso l’uso dei droni al di fuori dei campi di battaglia dichiarati dell’Afghanistan e dell’Iraq, principalmente in Pakistan e in Yemen. Obama ha autorizzato oltre 10 volte più attacchi dei droni di George W. Bush, e automaticamente ha dipinto tutti i maschi in età di leva in queste regioni come combattenti, che li rende un gioco equo per l’uccisione telecomandata.
Mentre il passaggio da truppe americane sul terreno ad attacchi aerei e forze speciali ha salvato la vita dei soldati americani, un numero incalcolabile di vite di stranieri sono state spente. Non abbiamo idea di quanti civili siano stati uccisi nei massicci bombardamenti in Iraq e in Siria, dove l’esercito statunitense spesso attacca l’Isis in mezzo ai quartieri urbani. Abbiamo solo sporadicamente sentito parlare di uccisioni di civili in Afghanistan, come ad esempio il tragico attentato all’ospedale di Medici Senza Frontiere di Kunduz che ha lasciato 42 morti e 37 feriti.
Spinto a rilasciare informazioni sulle morti civili in attacchi dei droni, nel luglio 2016 il governo degli Stati Uniti ha avuto l’assurda pretesa di aver ucciso, al massimo, 116 civili in Pakistan, Yemen, Somalia e Libia tra il 2009 e il 2015. I giornalisti e difensori dei diritti umani parlano di numeri ridicolmente bassi e non verificabili, dato che non sono stati rilasciati nomi, date, luoghi o altri dettagli.
Ma certo sono in molte la famiglie a piangere i loro cari, colpiti a tradimento da un drone, i cui omicidi sono ormai inseriti in un videogioco svuotato di tutta l’umanità.
di Cristina Amoroso