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Unione Europea, organismo burocratico e senz’anima

Mentre la Unione europea si sbriciola, gli equilibri che l’hanno retta per anni stanno collassando. La Germania, che fino a poco più d’un anno fa dettava legge, è ora messa nell’angolo dalla crescente insofferenza delle Istituzioni e dei Governi europei.

Non è che tutti abbiano compreso improvvisamente quanto errate e tossiche siano per gli altri Stati le scelte imposte da Berlino, né quanto sfacciatamente egoistiche le pretese tedesche; più semplicemente, sotto l’impatto di crisi di cui non si vede la fine, i Governi hanno paura d’essere travolti dalla crescente impopolarità. È solo un istinto di sopravvivenza, ma è quanto basta a spingerli a “osare” di contestare la Germania.

I dossier su cui Angela Merkel ha agito unilateralmente non si contano, ma, da più d’un anno, alle ossessive politiche d’austerità, che hanno stremato un Continente, s’è aggiunta la crisi dei migranti, per troppo tempo ignorata lasciandone tutto il peso su Paesi come Italia e Grecia. Ma quando ha investito altri Stati che si ritenevano al sicuro, e la Germania stessa, la misura s’è colmata.

Dinanzi all’onda umana spinta dalle guerre (e da Erdogan) verso l’Europa, la Merkel ha pensato cinicamente di sfruttarla dando all’industria tedesca le braccia a basso costo che le servivano; ma aprendo all’improvviso le frontiere, senza consultarsi con i partner europei e senza uno straccio di progetto per governare un fenomeno immane, ha aperto la porta a una valanga ed ai ricatti della Turchia a tutto il Continente.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti: quando il malumore è montato nella stessa Germania, che rischiava di venir sommersa, la Cancelliera, ancora una volta senza consultare nessuno, è volata ad Ankara per negoziare con Erdogan un accordo che è semplicemente l’accettazione di un ricatto, la cui posta è stata già alzata dal “sultano”. Di qui l’insofferenza di Governi chiamati a ratificare scelte fatte nell’interesse di Berlino, malgrado la crescente ostilità dei propri elettorati.

Il fatto è che l’establishment tedesco, invece di comprendere come la situazione sia profondamente mutata, vorrebbe continuare ad imporre le proprie convenienze come sempre, e da ultimo ha provato a farlo con l’Istituzione che meno avrebbe accettato imposizioni: la Bce di Mario Draghi.

Da anni Draghi tenta di rivitalizzare l’Eurozona, usando spregiudicatamente i pochi strumenti che una Banca Centrale monca come la Bce ha a disposizione e inventandone altri, suscitando le ire di Berlino e della Bundesbank. Da ultimo è stato il Ministro delle Finanze Schauble a lanciare un attacco a Draghi, ruvido quanto politicamente pesante.

Ma Draghi è un obiettivo troppo grande; senza scomporsi, nella conferenza stampa tenutasi dopo il Consiglio dei Governatori a Francoforte, ha freddamente ribadito la sua linea: la politica espansiva della Bce continuerà e, se necessario, sarà ampliata anche ricorrendo ad altri strumenti (dinanzi ai quali Berlino inorridisce assai più di quelli già usati), inoltre ha detto chiaramente che la Banca Centrale ha il mandato di agire nell’interesse di tutta la Ue, non solo della Germania; un mandato stabilito dai Trattati e solo ad essi obbedisce, non ai politici. Inoltre ha aggiunto che negli ultimi quattro anni la Bce è l’unica ad aver tentato di sostenere la crescita, ma, per averne i pieni benefici, la politica dovrebbe agire molto più decisamente con misure orientate alla crescita. Praticamente bestemmie per le orecchie tedesche.

In filigrana, fra le sue dichiarazione c’era un messaggio chiaro: se Berlino si schiera contro la Bce, ingaggia una battaglia persa in partenza. Lo è stato già in passato, lo è ancor di più oggi, quando la Germania è in una posizione di forte debolezza politica. Un messaggio prontamente compreso, che ha costretto Angela Merkel e lo stesso Weidmann, il Governatore della Banca Centrale tedesca, ad affrettarsi a rinnovare la fiducia alla Bce. Una sterzata subitanea e impensabile anni fa, ai tempi di Trichet, il predecessore di Draghi, e che rappresenta i mutati scenari.

Nella realtà, in assenza di politiche e di autentici valori condivisi, sono tutti i Governi, che prima s’inchinavano al più forte, che ora seguono gli umori viscerali dei propri elettorati per paura d’esserne travolti, e quello tedesco non fa eccezioni.

Questo scenario fa emergere la vera natura della Ue: un organismo burocratico e senz’anima, retto da una casta di superburocrati proni ai potenti di turno e tenuto insieme dagli egoismi. Per decenni s’è basato sull’obbedienza economica al modello tedesco, anche quando era la rovina di Nazioni, e da sempre a quello politico americano, anche a costo di autolesionismo; adesso, sotto i venti delle crisi che lo stanno squassando, la tutela tedesca viene progressivamente messa in discussione; quella che rimane è la sudditanza a Washington, più subdola e pericolosa.

di Salvo Ardizzone

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