Unione Europea complice di Israele

Francesca Albanese lo aveva detto usando una metafora da giallista: “Su Gaza ci sono le impronte digitali dell’Occidente”. Fuor di metafora, il processo che rischia l’Unione Europea alla Corte di Giustizia per non aver impedito lo sterminio a Gaza, gli dà ragione. Non sarà facile, anzi, sarà quasi impossibile che accada, mentre a Bruxelles si attende che l’Alto Rappresentante, Kaja Kallas, decida se e quali azioni intraprendere contro Israele. Inoltre, i giuristi dell’associazione JURDI (Avvocati per il diritto internazionale) hanno deciso di passare all’azione depositando un “ricorso in carenza” alla Corte del Lussemburgo, contro la Commissione e il Consiglio per “inazione” nei confronti dei crimini commessi dal governo sionista.
Unione Europea alla sbarra
Per la prima volta due istituzioni della UE finiscono in tribunale per non aver impedito le violazioni del diritto internazionale. Sono 80 le pagine del ricorso e si basano sull’articolo 265 del Trattato UE che sanziona un’istituzione europea per “inazione colpevole”, nel caso in questione “per non aver sospeso dall’ottobre 2023 l’accordo di associazione UE-Israele, né di aver proposto alcuna sanzione o restrizione economica al governo israeliano”.
Il Trattato UE prevede il rispetto del diritto internazionale, della dignità umana, dei diritti fondamentali e della possibilità di chiedere sanzioni se una parte terza non rispetta i principi della UE. Il 20 maggio, 17 Paesi europei hanno richiesto di rivedere l’articolo 2 dell’accordo di associazione con Israele; è stato pubblicato un rapporto pieno dei crimini e dei soprusi commessi da Israele nei confronti di Gaza. La Kallas, una volta letto il rapporto, non ha proposto alcuna misura, anzi, nella sala stampa ha ripetuto tre volte che: “La commissione non vuole punire il governo di Israele, puntiamo al dialogo per sbloccare la situazione umanitaria”.
Se e quando
Non sappiamo se e quando ci sarà il processo, in questo momento il consiglio è in stallo. Difficilmente accadrà qualcosa perché per sospendere l’accordo è necessaria l’unanimità dei governi. Intanto hanno già preso posizione per il No la Germania, la Polonia, L’Ungheria, la Grecia e l’Italia che bastano per fermare le eventuali sanzioni commerciali.
C’è qualcosa che la Commissione può fare senza avere bisogno dei governi, ed è l’interruzione dei fondi di ricerca Horizon Europe. Inoltre, ci sono 15 progetti di armi con la società israeliana, con sede ad Atene, Intracom Defense di proprietà della Israel Aerospace Industries, finanziata con i soldi del Fondo europeo per la difesa. Insomma, qualcosa si potrebbe fare se solo vi fosse la volontà, ma la doppia morale dell’Occidente e il servilismo verso l’ultima entità coloniale rimasta sulla terra la fanno da padrona.
di Sebastiano Lo Monaco