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Una Libia divisa sta precipitando verso la guerra civile

di Salvo Ardizzone

La Libia continua a scivolare verso la guerra civile: il 15 scorso, le forze del sedicente generale Heftar hanno lanciato all’improvviso un’offensiva contro le milizie islamiche che controllano Bengasi dal luglio scorso, quando se ne impadronirono scacciando proprio Heftar e le forze della coalizione “Dignità”. Gli scontri in corso nella parte est della città sono sanguinosi, con decine di vittime ogni giorno e i miliziani di Ansar al-Sharia e i loro alleati in seria difficoltà.

Il 18 ottobre, i governi di Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Germania e la stessa Italia hanno diramato un comunicato congiunto in cui si condannano le violenze, con particolare riferimento a quelle perpetrate a Bengasi e a Tripoli da Ansar al-Sharia e dalle altre milizie islamiche che si rifanno alla coalizione “Alba”; nello stesso comunicato, si dà pieno appoggio al Governo (quello espresso dal parlamento uscito dalle elezioni del 25 giugno), ma, per la prima volta, e probabilmente sotto la spinta dell’Italia, si auspica che attui una politica inclusiva, vale a dire che tenga conto anche delle formazioni che quelle elezioni le hanno perse (e che sono vicine alla coalizione “Alba”).

Nel comunicato c’è un passaggio conclusivo importante, esso chiude auspicando un dialogo politico che coinvolga tutte le parti e rigetta l’idea di un intervento militare esterno; si tratta di uno stop alle iniziative che già Francia e Inghilterra stavano caldeggiando di conserva a Emirati ed Egitto, a fianco della coalizione “Dignità”; come pure agli interventi più o meno sotterranei di Turchia e Qatar a sostegno degli islamici di “Alba”. Anche questo può considerarsi un successo della diplomazia italiana, che più d’ogni altra ha da perdere da una guerra civile a una manciata di miglia dalle proprie coste.

Nel frattempo a Bengasi continua la resa dei conti fra Heftar e gli islamici sempre più in difficoltà, tanto che a Tripoli, il 20 ottobre, le milizie di “Alba” hanno lanciato un appello a tutti i combattenti dei gruppi alleati, perché intervengano contro quello che viene definito il “criminale Heftar”. Per tutta risposta, il giorno successivo, martedì scorso, ripetuti attacchi aerei hanno martellato le residue posizioni dei miliziani islamici facendo oltre quaranta morti.

Da ultimo, sempre martedì, il parlamento libico di Tobruk ha deciso di fornire armi alle forze di Khalifa Heftar; è il primo passo alla piena integrazione dell’ex Generale nell’Esercito libico, con tutto ciò che ne consegue.

La crisi libica sta rapidamente precipitando verso una guerra civile fra un governo espressione del parlamento eletto il 25 giugno, che si riunisce a Tobruk ed è sostenuto dalla coalizione “Dignità”, e un altro esecutivo, non riconosciuto dalla comunità internazionale, che si riunisce a Tripoli ed è espressione della coalizione “Alba”. La soluzione militare equivarrebbe ad un massacro che si lascerebbe dietro solo sangue e macerie, e destabilizzerebbe del tutto le coste del Mediterraneo.

Purtroppo, dietro a ciascuna fazione, sono molti i Paesi che puntano a questo: Francia e Inghilterra per riprovare ad impadronirsi degli idrocarburi libici, oltre che Egitto ed Emirati con l’ombra dell’Arabia dietro, spalleggiano “Dignità”; Qatar e Turchia, per rifarsi dello smacco subito in Egitto, sostengono gli islamici di “Alba”. Per l’Italia, opporsi a un simile sviluppo è imperativo.

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