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Turchia, continua l’epurazione di Erdogan

In Turchia, l’eco del presunto golpe non si è ancora spento del tutto. In questi giorni, Erdogan sta mettendo a punto una serie di licenziamenti mirati ad espellere i docenti universitari che hanno dei legami presunti con colui che è accusato dal governo di essere il mandante del colpo di Stato del 15 Luglio 2016, ossia Fetullah Gulen.

ErdoganI licenziamenti messi in atto da Erdogan mirano a colpire duramente l’opposizione e quel poco che ancora ne rimane. Ogni giorno il bavaglio, che è stato imposto alla stampa, si va stringendo sempre di più. Continua a farne le spese il mondo accademico e giornalistico. Molti giornalisti che facevano parte della testa “Cumhuriyet” sono rinchiusi in prigione da mesi, sconosciuti i capi d’accusa.

I docenti che dalla scorsa estate, ad oggi, sono stati licenziati sono complessivamente 4811. Tra di essi anche i semplici firmatari di un appello in cui si richiedeva una soluzione pacifica della questione curda. L’inchiesta è stata avviata dal partito “Akp” del presidente Erdogan, la morsa autoritaria procede spedita avanzando di deroga in deroga, sopprimendo ogni elementare regola, in virtù del solito “stato di emergenza” che venne indetto in Turchia all’indomani del tentato golpe. Le dichiarazioni del ministro degli Esteri turco, sugli arresti compiuti,  furono le seguenti: “I responsabili del fallito golpe del 15 luglio scorso in Turchia saranno processati in modo ‘equo e trasparente’ e seguendo le linee guida della Convenzione europea per i diritti umani”.

In mezzo a tutto questo, si sta revisionando la costituzione, in direzione presidenziale, ovviamente, tanto che il prossimo Aprile sarà indetto un referendum. Dalle dichiarazioni di scrittori e intellettuali si evince che, in Turchia, non esiste più la libertà di espressione. Giornalisti come Pinar Selek che hanno pagato duramente per il loro lavoro, finendo in galera e venendo torturati. Molti hanno preferito l’esilio, come Selek, che vive in Francia dal 2009. In un intervista rilasciata qualche giorno fa, la Selek afferma quanto segue: “La Turchia è una nazione autoritaria, anche perché fondata sul genocidio armeno e su stragi che non hanno ancora avuto giustizia. E che sta vivendo di nuovo giorni assai bui segnati da violazioni dei diritti umani. L’opinione pubblica non può restare a guardare in silenzio quel che sta accadendo in Turchia dove sono ormai migliaia i docenti universitari, i giornalisti e scrittori in galera senza processo”.

La verità è che approfittando della legittimazione concessa dal maldestro tentativo di alcuni settori delle forze armate, probabilmente mal consigliati da Washington, il regime turco sta portando avanti da mesi una gigantesca opera di “ripulitura” degli apparati statali e dell’amministrazione pubblica da ogni elemento indesiderato. Finora sono state più di centomila le persone a finire nel mirino del “sultano”. Chi non finisce in galera o sotto processo perde il lavoro, o il passaporto. Alcuni anche la vita, come è successo al professore Mustafa Guneleyer, suicidatosi dopo che si era ritrovato tra i primi docenti cacciati nel mese di Luglio.

di Sebastiano Lo Monaco

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