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La Grecia dice No; ora chi la salva?

di Salvo Ardizzone

Smentendo i sondaggi che prevedevano un testa a testa, al referendum in Grecia ha vinto nettamente il No con oltre il 60% dei voti; in molti si sono riversati nelle strade per festeggiare, ma il dramma di Atene è ben lontano d’essere avviato a conclusione. Da lunedì si entra in una trama sconosciuta, dopo che tutti gli attori che vi hanno recitato hanno fallito.

Per prima ha fallito clamorosamente l’Europa, dimostrando di non esistere nella sua prova più difficile, semplicemente di non avere una politica, di non essere neppure un soggetto. Fra ambiguità ed egoismi ha affidato le trattative all’Eurogruppo dei Ministri finanziari, a tecnicismi quando i nodi erano e restano tutti politici. Oggi non ci sarà alcuna riunione perché nel pomeriggio la Merkel volerà a Parigi, per ottenere la copertura di Hollande alla propria linea. Ancora e sempre sarà un Sistema Paese a dettar legge; Parigi otterrà di certo alcune concessioni alla propria economia traballante e si schiaccerà sulle posizioni di Berlino.

A tal proposito è illuminante la recente intervista di Schauble (il Ministro delle Finanze tedesco) alla Bild, quando ha dichiarato che l’uscita della Grecia in fondo non sarebbe un dramma; alla fine potrebbe restar fuori temporaneamente. Per chi comprende è una dichiarazione che la dice lunga: l’Euro e l’Eurozona per i tedeschi non sono un progetto politico, solo uno strumento; un sistema di cambi fissi da usare a convenienza. Le turbolenze che già l’investono a Berlino sono viste tutto sommato positivamente perché deprezzeranno la moneta unica, favorendo ancora una volta un’economia ossessivamente orientata sulle esportazioni, che continuerà a scaricare gli squilibri monetari che ciò causa sugli altri Paesi.

La Ue dimostra d’essere ritagliata sulla politica decisa a Berlino, perché di sua non ne ha nessuna.

Ma, al di là del risultato di cui è stato rapido ad appropriarsi, ha fallito anche Tsipras: per cinque mesi ha condotto trattative inconcludenti in modo inaffidabile e contraddittorio. Per cinque mesi non ha affrontato nessuno dei nodi veri che, piaccia o no, fanno della Grecia un Sistema Paese fallimentare, con un’evasione fiscale stratosferica, un’amministrazione pubblica paurosamente disorganizzata ed inefficiente, un sistema pensionistico semplicemente insostenibile, ampie fette dell’economia lasciate in balia di oligarchi o riserva privilegiata di alcune categorie. Nulla di serio è stato fatto per questo.

Adesso, fallita la trattativa, ha scaricato la responsabilità che era sua su un popolo alla disperazione, dicendo che da domani si potrà trattare da una posizione di forza. Ma non è e non sarà così; nulla è cambiato, anzi. Prove durissime attendono i Greci, senza che il suo Governo abbia tracciato una rotta per superarle: non si sa se le banche riapriranno; non si sa se la Bce continuerà a pompare denaro in un Sistema al collasso, che fin qui ha bene o male sostenuto; non si sa se carburante, beni e servizi essenziali potranno continuare a circolare, al di fuori dal circuito del mercato nero che già fiorisce per chi se lo può permettere. In più Pechino, sul cui appoggio s’era favoleggiato, s’è tirata platealmente indietro, perché non ha interesse a scontrarsi con Bruxelles, ne ha invece ad acquistare la Grecia a prezzi fallimentari come s’appresta a fare.

Comunque vadano le cose, un Popolo intero continuerà a pagare un prezzo altissimo, senza che sia stata indicata una strategia o un approdo chiaro. Comunque vadano le cose, un Continente intero ha dimostrato la sua inconsistenza, la sua sudditanza, la sua meschineria: in breve, d’essere un’espressione geografica.

A chi interessa che sia e rimanga così? La risposta è semplice ed invariata: ai padroni d’oltre Atlantico, perché potranno continuare a manovrarlo impunemente; alla finanza internazionale (vedi i maneggi del Fmi, il più deciso a sabotare ogni accordo), che potrà speculare a piacimento sulle spoglie di economie deboli e distrutte; alla Germania, che sfrutterà la Ue per i suoi disegni, salvo abbandonarla quando lo riterrà, accodandosi a partnership che già s’intravedono con la Cina ed altre realtà.

È il tramonto d’un Continente sempre più marginale ed autoreferenziale.

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