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Quel pagliaccio vestito da rivoluzionario che doveva liberare Atene dalle catene di Bruxelles

di Salvo Ardizzone

Appena otto giorni fa Tsipras gridava che con il referendum il Popolo greco aveva respinto un accordo umiliante; adesso ne ha accettato uno di gran lunga peggiore.

Dopo 17 ore di negoziato, il più lungo vertice dei Capi di Stato dell’Eurozona mai tenuto, un accordo fra i creditori e la Grecia è stato raggiunto: malgrado le solite dichiarazioni trionfali di Tsipras, rilasciate a beneficio di un Popolo stremato, si tratta di condizioni durissime, di gran lunga più pesanti di quelle rifiutate quindici giorni fa e rigettate col referendum.

L’accordo, occorre dirlo, non è ancora definitivo: è zeppo di condizioni capestro e potrà avere il via libera definitivo solo a fine settimana. Nel frattempo, oggi ci sarà una teleconferenza del Direttivo della Bce per innalzare il limite della liquidità di emergenza per le banche greche, al momento fermo da due settimane a 89 Mld; si parla di uno o due miliardi da mettere immediatamente a disposizione degli Istituti di Credito ellenici, chiusi da quindici giorni e privi di liquidità.

Il piano approvato per il salvataggio greco, il terzo, prevede l’erogazione di 82/86 Mld dal Fondo salva Stati (cosa sdegnosamente rifiutata da Tsipras fino a pochi giorni fa); di questi almeno 25 serviranno per ricapitalizzare le banche, svuotate dai capitali in fuga da mesi, dal collasso dell’economia e da montagne di insolvenze.

Per dare il via libera agli aiuti, entro mercoledì il Parlamento di Atene dovrà approvare una lunghissima serie di riforme: da quella delle pensioni a quella del Codice di Procedura Civile; dal recepimento del Fiscal Compact europeo (il regolamento bancario) alla revisione dell’Iva e al taglio di sussidi e agevolazioni; dalla radicale modifica dell’Istituto statistico greco (accusato, invero a ragione, di essere inattendibile) alla creazione di un Fondo immobiliare da 50 Mld per abbattere il debito e ricapitalizzare le banche, in cui affluiranno i proventi della (s)vendita delle infrastrutture del Paese e che sarà sotto la supervisione europea. E non è tutto: con una cessione completa di sovranità, prima di votare qualsiasi provvedimento che riguardi le questioni sul tappeto, il Parlamento greco dovrà avere l’assenso da Bruxelles.

Tutte le linee rosse tracciate da Tsipras in cinque mesi di inconcludenti e stucchevoli trattative sono state ampiamente superate; adesso, in meno di tre giorni, una massa enorme di provvedimenti dovranno essere approvati sotto la dettatura dei tecnici di Bruxelles.

Mercoledì un nuovo Eurogruppo si riunirà per valutare l’operato di Atene: se le condizioni saranno state tutte soddisfatte, si procederà avviando il salvataggio.

Fin qui i fatti. Ma come si è giunti a quest’ennesima mazzata per il Popolo greco, che contraddice il referendum di una settimana fa, aggrava di molto le condizioni che erano state rifiutate con esso e smentisce tutte le promesse del Premier ellenico?

È stata la somma dei peggiori errori commessi da tutti i protagonisti sulla scena, Tsipras in testa; nel momento più critico sono venuti alla luce gli egoismi, le ipocrisie e i giochi di potere consumati sulle spalle del Popolo greco.

Quindici giorni fa si era alla vigilia di un accordo assai più morbido di quello ora raggiunto; Tsipras sapeva che dopo tante promesse il suo partito non lo avrebbe accettato, e questo gli sarebbe costato il posto. Lasciando di sasso i negoziatori europei, all’improvviso ha rovesciato il tavolo e s’è inventato un referendum; giocando la carta dell’orgoglio nazionale ha incitato i Greci a rifiutare le condizioni offerte, a dire no a nuovi sacrifici, tanto, ha raccontato, dopo un accordo si sarebbe trovato comunque e a condizioni migliori.

Ottenuta una vittoria schiacciante, s’è assicurato l’appoggio delle opposizioni per negoziare un nuovo piano da offrire alla Ue; anche se Syriza si fosse spaccata, avrebbe comunque avuto i voti per fare passare il suo progetto e rimanere alla testa del Governo (vi ricorda qualcuno?).

In pochi giorni, con l’aiuto di tecnici francesi messi a disposizione da Hollande, ha confezionato un pacchetto di proposte assai più dure di quelle a suo tempo rifiutate: una manovra da 12 Mld a fronte degli 8 a cui il referendum aveva detto no; tutte le posizioni irrinunciabili abbandonate: tagli ai sussidi, rincari di tasse, cancellazione delle baby pensioni, innalzamento dell’età pensionabile, privatizzazioni ed altro ancora; anche la precondizione a suo tempo posta del taglio del debito scomparsa.

Frantumando la sua maggioranza, ha ottenuto il mandato dal Parlamento e s’è presentato all’Eurogruppo con una manovra lacrime e sangue come mai vista, sicuro di portare in porto l’operazione che gli avrebbe consentito di continuare a governare. Ma nei suoi maneggi non aveva tenuto conto del colossale errore compiuto quando, dopo cinque mesi di stressanti trattative, aveva fatto saltare il tavolo all’improvviso, mandando in frantumi i delicatissimi equilibri della Ue.

I Tedeschi (e non solo loro) avevano sibilato inviperiti che era stata distrutta ogni fiducia e possibilità d’accordo, tirandosi dietro il solito fronte del rigore che aveva viste dimostrate tutte le diffidenze sull’affidabilità greca. L’Eurogruppo si è così spaccato, con Francia, Italia ed alcuni altri Stati a mediare, e il blocco nordico con molti altri Paesi a non reputare attendibili le promesse greche.

C’è stato uno scontro feroce, mai visto prima, culminato con un confronto durissimo fra Draghi e Schauble, che ha condotto alla sospensione delle trattative; tutto è stato rinviato all’Eurosummit dei Capi di Governo dell’Eurozona. Un’inflessibile Merkel, che ha sposato in pieno la linea del suo irriducibile Ministro, ha condotto una trattativa al calor bianco, resistendo ai tentativi di mediazione di Hollande e infliggendo alla Grecia un trattamento durissimo e umiliante. Grazie al cinico e irresponsabile comportamento di Tsipras, ha avuto l’occasione di piegare Atene e con questo di affossare ogni tentativo di modificare le asfissianti politiche di rigore ritagliate sugli interessi di Berlino.

Dal canto suo, il Premier greco ha condotto il suo Paese a sbattere, perdendo cinque mesi senza prendere nessuna delle misure che avrebbe potuto mettere in cantiere per combattere categorie privilegiate (vedi gli armatori), sprechi, corruzione, evasione fiscale e via discorrendo. Per tutta la durata delle trattative non ha mai preso una posizione chiara, non ha mai tenuto una linea che non fosse ambigua: rassicurazioni a Bruxelles e anatemi ad Atene; non una proposta seria e ferma da contrapporre ai diktat dell’Eurogruppo.

Adesso, dopo aver tradito il mandato elettorale e tutte le promesse, spaccato il suo partito e la sua coalizione di Governo, condotto alla paralisi il suo Paese, rifiutato un accordo per accettarne uno di gran lunga peggiore, persa ogni credibilità internazionale, ha la faccia tosta di dirsi soddisfatto. Adesso ci assorderà con i soliti comizi pieni di slogan fatti per sedurre un Popolo alla disperazione, che ha avuto il torto di affidarsi a lui.

L’ennesimo falso “rivoluzionario” in cerca di potere e di visibilità come tanti altri in Italia, in Francia, in tutta Europa; gente che continua ad ingannare i Popoli del Continente in cerca d’una alternativa, d’una via d’uscita da un Sistema prigioniero degli egoismi e dei giochi con cui pochi potenti dettano legge su tutti. È l’ennesimo fallimento dell’ennesimo falso progetto; come gli altri ricco di parole e povero di fatti; come gli altri attento a sé e mai alle vere cause dell’asservimento.

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